domenica 31 luglio 2011


Perchè questo non è un blog

Questa è una confessione.
E' l'apologia di una scelta di ribellione contro chi crede di avere il coltello dalla parte del manico e vuole convincerti che te lo tiene puntato sul cuore, pronto a trafiggerti al primo segno di dissenso.
E' la cronaca di una rivoluzione silenziosa messa in ombra dalla paura, dal gran vociare di televisione e giornali che vedono un nanetto, uscito da una canzone di De Andrè, un piccolo scarafaggio con il cuore troppo vicino al buco del culo, che considera chi non ha un lavoro a tempo pieno un poveraccio, un cretino, la feccia della società.
Uno schiavo che dal basso (è un fatto fisico) della sua mediocrità pensa di dettare legge, di definire regole per muoversi in un mercato del lavoro che affossa sempre di più, che sforna individui che non producono ricchezza per il paese, ma servono ad alimentare le costose perversioni di chi ci governa.
Io potrei tranquillamente considerarmi una di queste persone.
Io sarei amata da Brunetta probabilmente: sono una dipendente delle Poste, ho una posizione di responsabilità nell'azienda, guadagno bene, sono stabile, produco risultati che si traducono in fatturato per l'azienda.
E mi sento una cretina. Sono io la cretina non quelli a cui si è rivolto lui ieri. Persone coraggiose che invece di andarsene al mare, visto che tanto non lavorano, sono andati a contestarlo.
Le armi di chi si sente bersagliato da parole infamanti come quelle sono la contestazione di massa, un muro di persone che possono contare solo sul numero, per mostrare che non è uno, sono centomila, segno che c'è qualcosa che non funziona a livello strutturale in questo paese.
Io tra quelle persone non ci posso stare, perché sto dall'altra parte della barricata.
Ed eccola, la mia confessione: ragazzi si sta da schifo qui. Non vale la pena vendersi per così poco. Ci rubano il tempo, ce lo pagano sottocosto e ci tolgono la libertà di rendere quello che davvero potremmo se solo facessimo quello per cui abbiamo studiato magari, o anche solo ciò per cui siamo portati.
Produciamo poco in troppo tempo. Viviamo in una gabbia di regole e procedure obsolete e inutili, dispersive in termini di tempo ed energie.
Dove se sei antipatico a qualcuno, e se dimostri di essere bravo stai tranquillo che quel qualcuno lo trovi, o se sei troppo simpatico, rischi grosso.
Posto in cui ti persuadono che la serenità te la dia la cifra in fondo alla tua busta paga.
Guardate che questo lo sanno fare bene, ti ci convincono davvero, ma siccome sono degli asini non hanno pensato anche a cambiarti l'espressione del viso.
Quella è sfuggita alla loro azione e sola rimane a gridare quanto siamo spenti, stanchi davanti al passare rassicurante di una vita senza dignità.
Non so se tutti abbiano un'alternativa di vita. Probabilmente sì, ma come me, l'hanno chiusa nel cassetto dei sogni dimenticati.
Io quel cassetto ho deciso di aprirlo, l'ho aperto e con molto orgoglio dico all'onorevole Brunetta che Federica Albanesi se ne va in mezzo ai cretini.
Attento però che in azienda io ci sono cresciuta.

Il mio CUORE

Questioni che finora ho lasciato fuori da questa storia, perché ho pensato che questa fosse la storia di un'altra sfera della mia vita, come se davvero si potessero fare delle distinzioni a livelli così profondi di noi stessi.
Ma i sogni che tormentano il mio sonno in queste notti non la pensano allo stesso modo, e sono venuti a dirmelo a chiare lettere, dritto per dritto.
Eh sì, perché se sono arrivata a questo punto è anche per merito di Stefano, della mia storia con lui.
Stefano è un musicista, uno che ha scelto in tenera età che la musica era la sua vita e, con un percorso del tutto personale, ha sempre perseguito il suo obiettivo. Ad oggi scrive ed esegue musica in un modo originalissimo e molto apprezzato, seppure in un settore di nicchia come quello della musica acustica strumentale. Per me è sempre stato, ed è, un chitarrista meraviglioso.
Oltre a questo, da quando l'ho conosciuto, è stato l'unico amore della mia vita.
Abbiamo avuto una storia intensa e tormentata, fatta di grande passione, di forte intesa in alcuni momenti, di stima profonda e grande attrazione fisica, ma allo stesso tempo di gelosie assurde, incomprensioni, chiusure che alla fine non hanno più potuto prospettare un futuro davanti a noi.
La mia personale sensazione rispetto a questo era che in molti casi avevo sbagliato è vero, soprattutto nelle fasi iniziali del nostro rapporto, quando invece era più aperto lui verso di me, ma mentre io da quegli sbagli avevo capito quanto lo amavo e avrei voluto dimostrarglielo vivendo pienamente la nostra storia, lui, se da un lato mi teneva ancora vicina a lui, dall'altro aveva chiuso le porte del suo cuore, relegandomi al margine della sua vita, tagliata fuori da una quotidianità sulla quale si costruisce una vita a due.
Una inarrestabile e dolorosa deriva verso la fine.
La mia testa lo ha accettato, il mio cuore ha continuato a scalpitare esigendo di tornare da lui, per sempre.
Ma questo non è l'unico segno che Stefano ha lasciato nella mia vita.
C'è l'esempio, il confronto quotidiano con una persona che si sveglia e ride, perché fa quello che è la sua vocazione. Senza soldi spesso, ancora nella casa di famiglia, poche responsabilità, ma erano gli occhi e quello che dicevano a contare veramente.
Gli occhi di Stefano hanno la luce della vita.
Io quegli occhi me li sono sempre portati dentro, con reazioni emotive alterne.
Nella maggior parte dei casi ero talmente felice per lui che questo mi bastava, anche se la mia vita non era il massimo che avessi sognato per me c'era comunque la sua, così bella da sostenere, per cui impegnarsi anche ad organizzare il primo concerto della mia vita in teatro, un successo incredibile, mai vissuta una gioia così.
Altre volte però i suoi occhi mi mettevano a diretto confronto con la mia vita, con i miei sogni, le mie ambizioni vere, e quello che succedeva non era bello.
Una sollecitazione troppo forte probabilmente, per la quale non ero pronta, perché che ci piaccia o no, per ogni cosa c'è il momento giusto.
E quindi rabbia, frustrazione, magre consolazioni basate sulla mia indipendenza e stabilità economica che spesso finivano per riversarsi anche su di lui, quasi a volergli dimostrare che ero meglio io, con i miei sacrifici, il mio senso del dovere,la mia forte responsabilità.
La storia è finita. I suoi occhi hanno continuato a tenermi compagnia. Giorno dopo giorno, quando ormai da mesi faccio i conti solo con me stessa, ho imparato a dialogare con loro, a permettergli di dirmi le cose che non volevo sentire.
Il resto ormai è scritto, le mie scelte e quello che le ha circondate.
Ma adesso anche con questi occhi devo fare i conti, e siccome non mi sentivo pronta, invece che dire addio ho cercato di riavvicinarmi a lui, per dirgli a modo mio grazie e scusa, non avevo il coraggio di staccarmi da quella vita per essere felice, abbiamo pagato per questo, ma alla fine ce l'ho fatta.
Solo che il mio cuore ha ricominciato a battere troppo forte per quel contatto, e allora, nuovamente incapace ad accettare, a credere che il nostro amore non esista più, è ricorso ai sogni per darmi pace.
Gli incubi delle notti scorse, e di questa, hanno accompagnato una Federica riluttante verso la porta.
Stanotte, incidenti stradali nei miei sogni e animali feriti, sanguinanti, senza possibilità di sopravvivenza se non a condizioni indegne del nome vita. E allora io, proprio io, ho chiesto che venissero uccisi, che finisse quell'agonia inutile, che quella non era vita.
Il risveglio mi ha portato a scrivere di Stefano qui, per quello che dovrà essere, il mio amore grande che mi ha aiutato a compiere un passo fondamentale. Un amore sacrificato per questo, che mi rimarrà sempre nel cuore, insieme alla sua musica.
Un amore trasformato in agonia, che forse adesso è ora che termini la sua metamorfosi divenendo un magnifico ricordo. Forse.

InCuBi

Speravo proprio di non doverli più menzionare in questa storia. Ero anzi abbastanza sicura che, una volta compiuto il passo, tutto si sarebbe normalizzato e io mi sarei rasserenata. Che poi, nelle ore diurne, è più o meno così. A parte qualche telefonata di ordinaria amministrazione non sto vivendo affatto giornate pesanti, stressanti. Anzi, sto facendo esattamente quello che vorrei fare, per sempre.
E allora perché la notte sogno cose così mostruose?
Perché mi sveglio col cuore in gola, spaventata come una bambina di tre anni e infreddolita come se fosse dicembre?
Spalanco gli occhi, mi rendo conto che è solo un sogno, e invece che sentirmi sollevata mi arrabbio, mi infurio con questo mostro che non si palesa con me, che mi attacca subdolamente, mi coglie alle spalle come un infame quando dormo, quando non posso difendermi.
Vorrei dirgli di venire fuori, di uscire da quel buco nero in cui si è nascosto e di farsi guardare in faccia, che non mi fa paura.
Ma nella stanza non si muove niente, si sente solo il passaggio di qualche macchina o la voce di qualche turista che alle 4 di notte gira ubriaco per Trastevere.
E io rimango così, al centro di un letto che improvvisamente mi appare troppo grande per me, così sola sopra l'impronta di una scarpa gigantesca, l'orma di un gigante e le sue enormi falcate.
O forse no, forse è solo il grande, enorme passo di una sola persona. Di una persona sola forse, perché certi momenti puoi solo viverteli da solo, è l'unico modo per imprimerli sulla tua pelle e non farli lavare via dalla pioggia.
Possono esserci migliaia di persone vicino a te durante il giorno: a consigliarti, a supportarti, anche solo a farti ridere o a prepararti da mangiare che se fosse per te ti scorderesti pure quello. Ma quando il circo finisce e si spengono le luci sei solo. E solo allora ti rendi veramente conto di quanto è tutto enormemente importante e fragile. Solo allora ti misuri con la forza che ti è rimasta, pregando di non sentirti mai stanco, che non ti molli proprio ora, che devi andare fino in fondo. Ti senti solo davanti al mondo e, se non sei un idiota, ti rendi conto che potresti anche fallire.
Eccolo il drago. Non ci è voluto molto a scovarti.

Jim Morrison

VORREI PROVARE L'ORGASMO FRA LE ALI DI UN ANGELO, CURIOSITA'

Hinc sunt leones

http://www.youtube.com/watch?v=N8xVf_X-Ou0

Esiste una linea molto sottile che separa un'intenzione da un'azione concreta.
E' talmente sottile che sembra quasi impercettibile il suo superamento.
Tutt'altro.
E' un piccolo,  distinguibilissimo click. Non puoi sbagliarti. Può essere una parola, il tasto di invio di una mail, una porta chiusa, un "sì".
Un breve attimo che ti porta al di là di quella linea immaginaria, che ti sposta dal potenziale all'effettivo, al reale.
Benvenuto nella tua vita.
Ora ci sei, anche se volessi tornare indietro, non troveresti ciò che hai lasciato perché ogni azione produce reazioni, lascia segni. E questa è la prima azione della tua vita, l'ultima di ciò che eri ieri.
Wellcome to the moon…..

La mia azione ha concluso una sequenza che mi ero prefissata per rendere il 25 luglio il mio giorno della Liberazione.
Ho quindi deciso che come prima cosa sarei andata a firmare la mia lettera di promozione, e poi avrei messo in atto la mia rinuncia all'incarico, dopodiché sarei andata dall'estetista a coccolarmi un po'. Infine, come ultima cosa, avrei inviato due fax e una raccomandata. I due fax, uno all'ufficio e uno alla Filiale, anticipavano ciò che con la raccomandata comunicavo in originale alla Filiale: finisce qui la mia vita da direttore.
Il mio click è stato il tasto "invio" del fax.

Alea iact est

25 luglio 2011
Tra un paio d'ore sarà il momento. Il momento in cui metterò una firma su un foglio che mi corrisponde economicamente l'impegno e gli sforzi degli ultimi sei mesi, e mi apre le porte della libertà.
Non so se, visto il gesto che sto per compiere, agosto sarà un mese di tranquillità, ma so che comunque godrò della libertà mentale che ti dà l'aver preso una decisione e aver compiuto il primo passo per realizzarla.
Me ne sto andando.
Sto realizzando qualcosa che mi sembrava ardito anche solo pensare. Fino a un mese fa.
In poco tempo la vita ha letteralmente sussultato, mandando all'aria tutti i suoi elementi fissi. proprio come una scacchiera con i pezzi disposti ordinatamente, con i loro rispettivi ruoli, poteri, possibilità di movimento, che venga improvvisamente sobbalzata via facendo volare in aria tutta la sua accurata disposizione.
Stop, fermo immagine.
Ecco, io mi sento esattamente a questo punto. Tutti i pezzi sospesi in aria pronti a ricadere assumendo ancora non so bene quale assetto.
Vedremo.
Saremo pronti a creare una nuova strategia e a muovere.
26 luglio 2011
I pezzi sono tornati al loro posto.
Mi fermo e rileggo questa prima frase mattutina, la tazzina del caffè in mano, c'è qualcosa che non mi torna.
Stamattina me ne serve parecchio di caffè per carburare dopo la sbronza di ieri sera, ma non se ne poteva proprio fare a meno, era necessaria. Bisognava festeggiare la prima serata della mia vita.
La prima serata della vita che mi sono scelta e che adesso perseguirò con tutte le mie energie.
Un nuovo assetto, una nuova situazione, che genera strategie mai sperimentate in precedenza, nuove prove, nuovi successi, qualche fallimento si sicuro, speriamo non troppi.
Ecco che c'era che non quadrava.
I pezzi non sono ri-tornati al loro posto.
I pezzi si sono disposti sulla scacchiera, e io gioco col bianco.

Un vento leggero

Non voglio sbilanciarmi in sentimentalissimi troppo ottimisti sul mio stato d'animo odierno. Il groviglio è sempre lì, quasi quasi ho paura a sfrugugliarlo, ma a fargli discreta compagnia c'è un vento leggero, fresco, che mi fa pensare ad alternative, nuovi ambienti, cose da fare, un futuro da costruire su misura.
Un pensiero tutt'altro che facile rispetto ai sacrifici che dovrò compiere, eppure, i pensieri nascono dalla pancia, vengono fuori genuini e mi attraggono verso l'orizzonte. Bello, vale la pena scriverlo, per ricordare che, nel pavé del sentiero verso il cambiamento, c'è anche questo.

Ho chiuso gli occhi sul letto di Maria, dopo un pranzetto insieme in una trattoria trasteverina qui dietro e una passeggiata al sole. Mi ha cullato la musica del suo ipod e ho volato leggera.
Mi sono svegliata come in un ventre materno, rilassata e al sicuro, non una molecola fuori posto. La musica ancora ad accogliermi.
Ecco,esistono momenti così, perfetti.

Tra me e il volo: una borsa di Louis Vuitton

E' difficile affrontare la montagna finchè ti si para davanti in tutta la sua mastodontica mole. Vedi solo l'ostacolo, la difficoltà, ti senti così piccolo tu, da solo, di fronte al gigante.
Sarebbe bello se arrivasse improvvisamente una mano forte e grande che ti accogliesse nel suo palmo amico e ti sollevasse su, fino in cima alla vetta, il punto da cui spiccare il volo.
Ecco, io sto scoprendo in questi giorni di dubbi e paura che quella mano è tesa davanti a me già da tempo, ma io non sono riuscita a vederla perché continuavo a fissare la montagna.
Ho continuato a sentirmi intrappolata in Poste Italiane finchè l'ho continuata a considerare la sola risorsa in grado di garantirmi indipendenza, stabilità economica, riconoscimento sociale. Ho venduto la mia anima per una borsa di Louis Viutton. E non c'è niente da ridere in questo.
Ma è stato solo quando mi sono focalizzata sull'obiettivo, sul recupero del tempo, sul suo investimento in attività preziose, inseguendo la mia passione, solo allora si sono trasformate le cose davanti a me.
Perseguirò il mio obiettivo, metterò da parte i soldi per affrontare un anno di sacrifici economici  necessari alla mia formazione, , ho disdetto una delle mie carte di credito.
In tutto questo, mi sento felice, libera.
Ma la borsa di Louis Vuitton me la tengo.

Io, in persona

http://www.youtube.com/watch?v=6yXRGdZdonM

Mi chiamo Federica Albanesi, ho 37 anni, vivo a Roma e sto per cambiare lavoro.
Eh no però. Così ci ho già messo il finale, l'happy ending di cui parlavamo prima, quella cosa così legata al concetto di attesa. Io il mio finale devo ancora scriverlo. E non sarà una scrittura semplice, probabilmente nemmeno tanto immediata. Credo anzi che ogni parola utilizzata per lastricare il sentiero del finale sarà frutto di una scelta meticolosa e accurata, a tratti anche un po' dolorosa (speriamo solo un po').

L'insegnamento dei dinosauri

2011, fine luglio
Ieri sera sono andata ad un concerto a Villa Ada, in quel magnifico spazio che si chiama "Roma incontra il mondo" dove si è esibito Goran Bregovic & Wedding and Funeral Band. Potrei scrivere ore parlando dell'emozione trascinante di quella musica gitana che ha raccolto influssi da ogni luogo che ha attraversato, come si raccoglie una cartaccia da terra, dalla polvere, dall'humus di ogni cultura con cui hanno avuto a che fare, creando il Ventre del Mondo, sì, inteso proprio come il Ventre di Parigi di Zola.
Quella musica viscerale è riuscita a sciogliermi e a regalarmi due ore piene di ballo liberatorio, risate e sollievo.
Non sono andata da sola al concerto. Ci sono andata con Andrea.
Andrea è un mio vecchio amico, nel senso che ci conosciamo da quando andiamo a scuola, e tra pause più o meno lunghe scandite dai normali eventi della vita, non ci siamo mai persi.
In questo periodo lui è il mio "compagno di concerti", andiamo a sentire musica. Diciamo pure che mi porta a sentire musica, in quanto le migliori proposte finora sono venute da lui, con scelte che spaziano dagli Skunk Anansie all'Opera a Caracalla.
Ieri sera c'era Goran Bregovic.
E le nostre consuete chiacchiere in macchina. Ultimamente queste chiacchiere sono molto focalizzate sul periodo che sto vivendo, che lui sembra far fatica a comprendere, o forse ad accettare perché la sua vita non è basata sulle stesse dinamiche bloccanti della mia. Non è che sia sempre facile la sua vita, ma immagino che dentro di sè abbia compiuto quel percorso che oggi lo fa vivere in pace con se stesso e con il mondo.
Confrontarsi con queste persone fa bene. Anche quando, come fa lui, ti mettono bruscamente davanti all'assurdità di tante paranoie: " Fede non esiste che ti svegli la notte di soprassalto e lanci il computer dal letto, è folle che ti alzi la mattina con la nausea, è assurdo che tu viva con questo peso sullo stomaco! La tua decisione l'hai presa, la tua testa ha già oltrepassato la barriera, basta, hai deciso, adesso metti in atto la tua decisione ma fallo con leggerezza."
Facile eh…mi dico io. Ma io non ho mai agito così, io sono sempre stata la brava ragazza che fa quello che ci si aspetta da lei, che non va contro le regole, che si sveglia presto la mattina, che non fa tardi durante la settimana, che non si ammala, che fa la cosa giusta, che non scappa. E invece sono scappata proprio dalla cosa più importante: la mia vita desiderata.
Certo adesso è difficile, sono 37 anni che agisco così. Ma ricordati Federica, lo dici sempre in aula, difficile è uguale a "non abituale". Facendo, diventa più familiare, più facile.
E' vero è difficile, e molto, è un momento delicato della mia esistenza, ma ripetermelo non semplificherà le cose, costituirà solo l'ennesimo alibi.
Alzo gli occhi dalla tastiera del mac e guardo la libreria di Vezio con i libri ancora da riordinare. Lo sguardo si posa su un titolo: "Disubbidiente" di Francesco Pazienza. Non so di cosa parli, ma "pazienza" e "disubbidiente" sono parole per me particolarmente evocative, mi piace.
Ah, cosa c'entrano i dinosauri? Questo è un piccolo segreto fra me e Andrea.

http://www.youtube.com/watch?v=OEjley5HKBE&feature=fvsr

sabato 30 luglio 2011

Cinema - Arena Nuovo Sacher

Questa sera sono andata al cinema. Ho visto per la seconda volta "Nessuno mi può giudicare" di Massimiliano Bruno, all'Arena estiva del Nuovo Sacher, il cinema di Nanni Moretti a Trastevere (piccola e doverosa precisazione per chi non vive a Roma). Al termine della proiezione, durante il dibattito tra Moretti e Bruno appunto, proprio Massimiliano Bruno rispondendo alla domanda sul perché nel suo film ci fosse anche tanto "buonismo" ha detto che in quel periodo, mentre scriveva il film, ecco quello era un periodo in cui non si sentiva felice, non stava bene e quindi aveva bisogno di "bene", di cose "buone" ed è per questo che le ha messe nel film, perché ne aveva bisogno e non avrebbe probabilmente retto a qualcosa di diverso e più duro anche nel "suo" film, oltre che nella vita.
Allora, questo è quello che voglio dire: io scrivo adesso perché è adesso il momento in cui ho bisogno di farlo, non il giorno in cui magari tutto sarà compiuto e i giorni di dubbi, paure, rabbia e ansia saranno solo un vago ricordo (speriamo).
Questo, ho la presunzione di credere, essere il momento più temuto e difficile per qualunque persona che tenti di imprimere una svolta alla propria vita, e sia consapevole che per farlo debba abbandonare una cattedrale di sicurezze e certezze, quella Sagrada Familia all'interno della quale lo stesso Gaudi ha finito per perdere se stesso, costruita nel tempo, con volte infinite che giorno dopo giorno l'hanno resa quella magnifica prigione da cui evadere una volta per tutte.

Cosa saremmo senza paura?

http://www.youtube.com/watch?v=lASwxqAlnFs

Quante volte sono stata assalita da quella sensazione appiccicosa come una colla sulle dita, viscida, che fa scivolare la tua vita dalle mani e sembra toglierti ogni appiglio. Un piccolo, fastidioso, problema.
Qualcuno ultimamente mi ha detto che non esiste coraggio senza paura. Ma come, il coraggio non è proprio assenza di paura? No tesoro, mi ha risposto il saggio interlocutore, quella si chiama incoscienza. Ah ecco, questo cambia le cose, non le avevo considerate sotto questo aspetto. Beh, vista così la paura ritrova dignità, quantomeno senso, forse anche utilità. Quanto meno mi emancipa da quella urticante posizione di passività in cui sono lì a cercare di uscire dall'impasse. Come si sentirebbe, signora Paura, se al suo arrivo io la accogliessi come si fa con un ospite atteso? Cosa proverebbe se la lasciassi entrare come fa Morandi con la sua famosa canzone e attendessi insieme a lei il passare della notte, certa e fiduciosa nel prossimo sorgere del sole?
Cosa proverebbe? Paura forse? Bene, saremmo in due allora, ma tanto poi passa.
Passa quando il desiderio di raggiungere quello davanti a cui si frappone la paura è più forte della paura stessa. La schiacci quando getti il cuore oltre l'ostacolo e corri a riprendertelo, che senza non vivi.
Se rimani dietro alla signora nera sei un vegetale, sopravvivi attaccato ad una macchina che ti ruba la vita centellinandoti speranze in un futuro che, minuto dopo minuto, diviene passato.
Ecco, cosa saremmo senza paura.

Trasferita da Vezio

Uno dei pretesti che mi assecondano nel rimandare la realizzazione di una decisione, per quanto chiara nella mia testa, è la pigrizia del dovermi mettere in moto, del dover pur iniziare da qualche parte. E così rimando, rinvio, temporeggio e mi impigrisco di più. In questo meraviglioso processo di autosabotaggio, la televisione gioca senza dubbio un ruolo di primo piano. Inizio la mattina, aperti gli occhi, rapido punto della situazione, propositi, che dovrebbero in realtà essere intenzioni e…click, ok, prima però un corroborante caffè e qualche notizia dal mondo, tanto per non restare tagliata fuori.
Preciso che in questi giorni sono a casa dal lavoro già da quasi un mese ormai, ma su questo punto tornerò in seguito per approfondirlo e spiegare quanto spesso da un problema nasca un'opportunità.
Quindi: caffè, tv, e poi…tv. Sì, perché quando non sai che strada prendere ti senti stanco, quando pensi di saperlo ma non sai da dove cominciare ti senti stanco, quando hai paura di non riuscire ti senti stanco. E cosa c'è di più riposante, annichilente, distraente di una serie di programmi in televisione, specialmente nella televisione estiva di prima mattina?
Ecco come volano le giornate: in un attimo, tra un dibattito e un sonnellino sul divano, si è fatta l'ora di pranzo e mezza giornata è stata semplicemente soffiata via dal nulla.
Alla maggior parte delle persone non piace la vita che fanno, eppure non riescono a sganciarsene. Io sono una di quelle. Spero presto di potermi esprimere in termini di "io sono stata" una di quelle, ma per il momento non posso farlo perché conosco fin troppo bene quel coro di voci che, sul ciglio del burrone che ti chiama al cambiamento, ti ricordano suadenti quanto tutto sommato tu, con un posto fisso e uno stipendio che altri ti invidiano, con il tuo contratto full time a tempo indeterminato come quadro dell'azienda più grande di Italia, sia in una condizione comoda, serena, che ti consente una stabilità economica fatta di cene, vacanze e quello shopping compulsivo tipico di quei giorni lì, del tutto femminili. Cambiamo canale, vediamo cosa c'è sulla tv a pagamento, già, la tv a pagamento, altro piccolo benefit di noi lavoratori a tempo pieno.
La televisione mi ha drogato più di qualunque cosa io abbia assunto o fumato negli anni.
E' nella fase di down postuma di un trip catodico che ho avuto l'illuminazione che dovevo fare qualcosa per venirne fuori.
Ho quindi cavalcato l'onda del senso di nausea a stanchezza associato alla mia casa dominata dalla tv e dai suoi pretesti, e ho afferrato al volo l'offerta di Maria di trasferirmi per qualche giorno nella casa che era sua e di suo marito Vezio, solo di Vezio dopo la loro separazione, della gatta Titti ora che Vezio non c'è più.
Con la scusa quindi di aiutarla a mettere ordine nelle montagne di libri presenti in casa, mi sono trasferita rigorosamente "in" Trastevere (il Trasteverino doc non dice "a" Trastevere) sperando che il cambio d'aria mi avrebbe aiutato a ritrovare le energie per affrontare la mia vita.
Confesso di non essermi ritrovata priva di un certo sconcerto, (l'assonanza qui vuole sottolineare la quasi comicità del fatto) nel notare che mancava la tv.
La parte educata e razionale del mio cervello si è giustificata dicendomi: "come farai ad addormentarti la sera? Tu che sei abituata a farti cullare da Marzullo?".
La parte più istintiva, sincera e cafona di me ha semplicemente imprecato, sentendosi messa con le spalle al muro, privata di ogni alibi.
Ed ecco come ho scoperto quanto possono essere lunghe e piene di cose le giornate.
Approfittando dell'estesa e variegata offerta di libri proposta dalla casa, ho iniziato a leggere un meraviglioso libro scritto dal padre di Ernesto Guevara, in cui racconta la storia del Che, suo figlio. Prosegue così questo filone di letture che mi sta regalando un'estate a confronto con le menti culturalmente più rivoluzionarie di tutti i tempi, iniziato con Jim Morrison, proseguito con il movimento musicale degli anni Sessanta ruotante intorno a Woodstock e ai personaggi che hanno attraversato quell'evento magico e adesso con il Che.
Ho ritrovato quel senso meraviglioso di immersione totale in un libro, di confidenza con la parola scritta, con la parola pensata, con il ragionamento, il confronto, l'intuizione, l'idea.
Toccare e sfogliare questa montagna di libri sedimentati negli anni di vita in questa casa, le cui stratificazioni, proprio come un ammasso roccioso, testimoniano epoche, gusti, interessi ed eventi, mi ha restituito la percezione dello scorrere del tempo, della sua ineluttabilità, del suo valore inestimabile, destinato a rivalutarsi all'infinito, ma nella mente e nel cuore di chi lo ricorderà, non certo nel tuo che l'hai lasciato scorrere via e che non potrai riaverlo indietro.
E adesso sono qui, da quattro giorni, senza televisione.
Leggo, scrivo e mi sento bene, quasi sempre.
Il mio progetto di rivoluzione ha preso forma, l'idea si è composta ed è stata condivisa con le persone che vorrei parte del progetto.
Ne ho parlato con la mia famiglia, sopportando il silenzio di mio padre per tutta la durata del mio discorso. Discorso al quale ho tentato di infondere la mia determinazione e visione, ma dal quale temevo che lui avrebbe tratto solo il messaggio che questa pazza sconsiderata di sua figlia pensa di lasciare un posto sicuro per fare un salto nel vuoto.
A parte il fatto che non è così, che il salto nel vuoto lo lascio fare a qualcun altro, ma comunque quello che conta è che mi sbagliavo, perché prima che questo silenzio mi schiacciasse del tutto, le sue parole mi hanno trasmesso e confermato, ancora una volta, tutta la fiducia e l'approvazione di cui avevo bisogno.
Voglio essere sincera fino in fondo, non so quanto sarei stata forte senza la loro approvazione. A 37 anni, per me il parere dei miei genitori ha un peso considerevole, forse perché rientrano tra le poche persone che stimo profondamente, e la cui esperienza di vita per me abbia un valore reale.
Fatto sta che anche la seconda è stata ingranata, adesso è il momento di camminare, di mettersi all'opera.
Il tempo ritrovato, il suo valore riscoperto, il suo dilatarsi prezioso, non una goccia sprecata, lo voglio considerare un apprezzato regalo da parte di Maria e Vezio.

venerdì 29 luglio 2011

Fuggire dalla rabbia

Vorrei che qui potessero fluire i pensieri più intimi, liberamente e senza le maschere che ancora mi sento addosso nel quotidiano.
Vorrei che qui davvero potessi trovare un prato verde e silenzioso appena accarezzato dal vento...
Vorrei che questo fosse il luogo dell'anima in cui poter dire quanto sono emozionata per una sciocchezza, o triste per un amore finito da tempo ma che ancora non mi lascia sorridere a un altro uomo...
Vorrei...e magari lo faccio davvero.