domenica 3 giugno 2012

Acqua e Sapone

Le tende accostate, la luce che si insinua nella stanza proiettando i forellini della serranda sull’armadio davanti al mio letto. Eccola, è quell’inconfondibile atmosfera che solo l’estate riesce a vestire di pigrizia e leggerezza, quando ti rilassi mezza nuda sulle lenzuola fresche lasciando che l’aria ti accarezzi sul letto.
E’ silenziosa la casa, come piace a me quando voglio isolarmi e dedicarmi a Federica.
Sento le voci dei bambini, giù dalla strada, qualche macchina. Se chiudo gli occhi mi accorgo che è tutto come allora, come in quella casa che mi ha cresciuta per 16 anni.
Abitavo in centro, alle porte di Borgo, e i pomeriggi d’estate fluivano lenti e annoiati tra i ghiaccioli del bar e i dischi di mio fratello, ascoltati di nascosto quando lui non era in casa.
Immaginavo la mia vita che ancora doveva venire, ma che si ribellava alle regole a alle costrizioni di mio padre e sfogava in anteprime clandestine tra le mura di casa, con i vestiti di mia madre e i suoi trucchi.
Ricordo il mio viso che sembrava cambiare ogni giorno, qualcosa di diverso nei miei occhi, non avrei mai saputo spiegare cosa ma lo ritrovavo negli sguardi che mi accompagnavano quando percorrevo il tratto di marciapiede sotto casa, quello stesso tratto di strada da una vita, ma che sembrava solo allora accorgersi di me.
Negli anni tutto questo si è perso, rievocato di tanto in tanto dalla canzone degli Stadio, quelle ormai rare volte in cui la radio sembra inciampare in “Acqua e Sapone”. Il ragazzo del negozio di barbiere davanti casa in quel periodo la metteva a tutto volume quando passavo, io mi imbarazzavo e tiravo dritto ma poi arrivavo a casa e la rimettevo, che pensarla per me mi faceva battere il cuore a mille.
Dicevo che negli anni questa sensazione è andata a finire nel cassetto dei ricordi, non l’ho più provata anche se non l’ho mai dimenticata.
Stamattina però mi sono svegliata presto, ho portato Darietto al parco che non erano neanche le 8 e siamo stati lì un’ora, tra i profumi del prato e il cinguettio degli uccelli.
Quando sono tornata a casa ho preparato il caffè, senza fretta, gustando ogni gesto di quella procedura mantrica che Lorenzo in questi giorni mi sta perfezionando in base a standard di eccellenza. Il profumo mi ha avvolto, e quando mi sono portata la tazzina a letto e me la sono gustata sdraiata, senza radio, senza tv, solo al suono di questa domenica di giugno del tutto privata, ho ritrovato lei e Federica.
Le ho ritrovate insieme là dove avevo lasciato entrambe, affacciate alla vita, ansiose di viverla, curiose, eccitate.
E mi voglio regalare questa e tante altre mattine ancora così, a ripensare ai vecchi dischi, a i film di Verdone, al mio sguardo che cambiava, alle mie mani che si muovevano con sicurezza, ai passi decisi, a me, a me e ancora a ME.

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