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mercoledì 21 marzo 2012

Laura

Ti pensavo proprio poco fa, mi stavo chiedendo se avessi finito, se fosse andato tutto bene. E adesso ti trovo in un post che sa di soddisfazione, di soddisfazione a prescindere.
Ti ho scoperta giorno dopo giorno, ti ho incontrata nel dolore, come spesso accade. Oggi sei una persona diversa da quella che mi ha accolta ad ottobre, i tuoi occhi hanno imparato a parlare, a lasciarsi sfuggire le lacrime e a non contenere un sorriso che sgorga dal cuore. Dici di essere un fiume in piena, a volte sembri in effetti voler straripare dagli argini che ti hanno costretta per dieci anni, proteggendoti dalla vita ma non da te stessa.
Sono mesi che ti vedo combattere, anche se non ti dico niente, ti sento non appena metto piede nella stanza, non devo neanche guardarti e tu lo sai.
Non è sempre facile, anche per me che ti sono vicina non potendolo dare troppo a vedere, ma sono lì, faccio il tifo per te e vorrei ricordarti ogni momento che non ti devi fermare, devi andare avanti perchè alla fine ne sarà valsa la pena. Perchè è così amica mia, ogni volta che mi guardo indietro, ogni volta che guardo cosa mi sono lasciata alle spalle e quanto amore è rimasto lì, attaccato a persone e momenti che saranno sempre parte di me, non c’è momento in cui non mi risuoni nella testa che rifarei tutto mille volte.
Hai cercato con determinazione la tua forza, l’hai scoperta dietro la fatica per la cosa più stupida di ogni giorno, hai voluto e saputo credere in te, e oggi hai ricevuto il tuo premio.
Oggi vorrei avere le ali e andarmene via, liberarmi da questa colla nera come pece che mi tiene ancorata ad una vita fatta di sguardi bassi e conti della serva.
Ma ce la farò, contro ogni previsione e senso dell’opportunità, ce la farò a riprendermi la mia vita. Perchè questo è il momento per mettermi in moto. Perchè adesso anche tu sei pronta a spiccare il volo.
Domani non chiedermi cosa è meglio fare, conosci già la mia risposta, le ali le hai già dispiegate del resto, le notti insonni perchè è la vita a tenerti sveglia le hai sperimentate anche tu, non si torna indietro da questo.
Sono felice per te, sono commossa nel vederti guardare avanti, mentre tanti restano a piangersi addosso e a rimuginare sul passato, tu hai guardato avanti, scavalcando dieci anni e una delusione che avrebbe atterrato un gigante.
Oggi pensarti mi emoziona così tanto che devo scrivertelo, Laura, questa è la vita che merita di essere vissuta. Vattela a prendere, non ti voltare indietro.

giovedì 15 marzo 2012

Provocatore, tu m'hai provocato...

Il provocatore mi guarda provocatorio e aspetta la mia mossa stizzita.
Io ho deciso di non dargliela vinta, convinta che su questo si giochi tutto il divertimento della serata, e continuo a riporre piatti nella lavastoviglie con fare volutamente privo di logica, soprattutto priva della tua, mio caro Provocatore che mi guardi facendo finta di niente ma stai friggendo dentro la tua camicia senza una piega mentre io incastro forzatamente un piatto nel posto dei bicchieri.
Continua a sciorinare i suoi sproloqui (che io adoro ma che continuerò a ricevere alzando gli occhi al cielo), questa volta ce l’ha con il pregiudizio diffuso sui surgelati, sintomo di qualunquismo e poca informazione, ma forse non è questo che vuole dirmi.
Parla con la consueta enfasi, passeggiando avanti e indietro per la stanza e calpestando la copia (la mia copia, neanche questo è casuale, brutta cozza che non sei altro) del Sole 24 Ore che ho lasciato aperta sul tappeto davanti al divano. Il fatto è che mi piace leggere il giornale così, di solito non ci sono Provocatori in preda alla sindrome del Provocatore isterico a camminarci sopra. Ma, dicevo, lui parla ma vuole dire altro.
E’ questo che mi stizzisce, e mi porta a rincalcare piatti e posate innocenti dentro quella lavastoviglie incredula di tanta abbondanza. E’ che non voglio sentire quello che mi devi dire, Provocatore, non ti voglio sentire, hai capito?
Voglio che continui a parlare di surgelati, e poi di distributori automatici, e poi di ripiani del frigorifero o di quello che caspita partorisce la tua mente provocatrice ma non voglio che tu mi dica quello che stai per dirmi.
 Ma i piatti sono finiti, e anche i bicchieri, il giornale è stropicciato per terra e  i tuoi argomenti hanno esaurito il loro contenuto.
Adesso devo proprio andare via, vero?
Torno a casa, dove la lavastoviglie non se lo ricorda nemmeno com’è fatto un piatto visto che li lavo a mano per sentire l’acqua sulle mani, dove nessuno calpesterà il mio giornale e dove potrò riporre le birre su qualunque ripiano del frigo io voglia.
Solo, ricordati una cosa, Provocatore: adesso non potrai prendertela più con me per la temperatura sbagliata del frigo.
Mettece na pezza.

domenica 11 marzo 2012

La classe non è acqua

Il profumo di soffritto si spande per la cucina. Non è un volgare soffritto, è IL soffritto, non fosse altro perchè lo stai cucinando tu, tu che sei così attento ai dettagli, al particolare che fa la differenza e che ci emancipa da facile retrorica spaghettista. Il tuo soffritto, dicevo, unisce un banalissimo spicchio d'aglio a listarelle di spek sapientemente tagliate con opportuna critica (sempre costruttiva) sulla dimensione forse un po' troppo eccessiva. Il tutto, l'aglio e lo spek, unito in un tripudio di olive spremute a freddo dosato con sapiente metodicità perche, ricordatelo Federica, bisogna avere metodo nella vita. Cazzo quanto sono organizzato.
Ora, tesoro, io non so come fare a dirti che ho messo le birre nel cassetto del frigo, quello riservato alla verdura perchè, come mi hai già spiegato, lì c'è una temperatura e un'umidità specifica, adatta alla conservazione delle verdure. Me lo ripeti mentre apri lo sportello del frigo e mi mostri che bello che è, tutto ordinato, tutto disposto secondo una logica di praticità ed estetica che (altro concetto più volte enucleato) l'estetica è importante, fa la differenza, ci vuole cazzo.
Ora mi illumini dicendo che tu le birre le posizioni nel ripiano più basso del frigo perchè lì c'è la temperatura più bassa e allora io mi ricordo di aver messo le birre nel cassetto della verdura perchè quando tu mi hai detto di rimetterle nel posto più in basso nel frigo io ho pensato che più in basso del cassetto delle verdure non c'era niente. E adesso chi te lo spiega?
Ma non serve, il tuo sguardo di sufficiente indulgenza mi dice che hai compreso tutto, a te serve così poco per capire..
Ma sento che il soffritto non soffrigge più, la cena è pronta e io mi avvicino al tavolo, spero di non fare casino versando il vino, buona appetito, Furio.

venerdì 18 novembre 2011

Noi&AncoraNoi


Non so se sia un caso che siamo solo donne, o se sia corretto dire che è questo che ci contraddistingue.
Certo è che mi piace avere queste donne vicino. Ci siamo incontrate nella formazione, sebbene oggi tutte abbiamo preso le distanze da un certo modo di fare formazione che quasi quasi ne ha sporcato anche il nome. Una fatica bestiale, quando decidi di ricostruire sulle macerie di qualcosa che è stato distrutto dall’interesse, dall’opportunismo, dalla presunzione di chi ha gettato via il cuore e si è messo sugli occhi solo il portafogli. Un lavoro che se decidi di farlo è perché lo ami, perché non ti vendi, ma lotti perché le persone aggiungano valore alla propria vita contro le dinamiche schiaviste di una società improntata solo sull’apparenza, che ti regala riconoscimento in cambio soltanto, che sarà mai,della tua linfa vitale.
Come fai a ricostruire sulle ceneri del tradimento più grande?
Come ti poni davanti alle persone sapendo dello squarcio che hai dietro alla schiena, un coltello piantato che ancora ti smorza il respiro, come?
Sicuramente chi ci vede in aula in questi giorni non se lo chiede.
Difficile intravedere dietro il sorriso di Alessia la fatica nel sostenere il peso di una responsabilità così grande, lei che ha rimesso in gioco tutto, a cominciare da casa sua.
Quasi impossibile sentire l’urlo di Patrizia nel momento in cui ha dovuto distruggere un castello intero, mattone dopo mattone, per difendere il suo diritto a investire sulla sua vita.
E chi potrebbe mai desumere dalla voce dolce di Michela la sua tenacia, la sua forza, il coraggio nel restarci sempre a fianco, nel risolvere problemi anche nei momenti peggiori, prima ancora di quasi tutte noi.
Difficile scorgere dietro i miei occhi l’amarezza per bocconi amari inghiottiti senza un reale perché, che non fosse opportunismo giocato sull’inesperienza e l’entusiasmo dei primi anni.
E Maria Luisa Ed Elisa, persone schiette e determinate a portare avanti valori che non potevano che essere condivisi e in linea con la strada che hanno scelto di percorrere con noi.
Ecco, queste siamo noi. Siamo tutte donne, non so se sia un caso questo. Certamente non è casuale quello che ci porta qui oggi, oltre ad un’amicizia pluriennale.
Siamo quelle che non verranno a dirti cosa fare della tua vita. Non ti daremo formule magiche, perché non ne abbiamo, noi ci giochiamo la vita ogni giorno, rimettiamo sempre tutto sul tavolo, rilanciamo e rilanciamo.
Affrontiamo giornate dure, in cui dobbiamo conciliare opportunità e problemi, in cui improvvisiamo riunioni intorno al tavolino di un bar per riuscire a vederci nel caos delle nostri ritmi quotidiani. Vite diverse, posti diversi, ma io le guardo le mie amiche e ogni volta trovo persone diverse dal passato, segno  di una strada che cammina, macina chilometri e non ci perde.
Non abbiamo risposte, ma abbiamo imparato a porci domande e a cercarle le risposte, senza farci spaventare da verità nascoste.
Su questo ci puoi contare, ogni volta che ci cerchi, che ci trovi perché sai che puoi trovarci e dove, tu sai bene che se esiste una strada, una risposta, una soluzione, noi non ci stancheremo di cercarla.
Siamo instancabili, non è possibile scoraggiarci, siamo preparate e non smetteremo di studiare, non ci fermiamo davanti ad un no, ne abbiamo presi così tanti che abbiamo imparato a scorgerne le opportunità nascoste, ma soprattutto, abbiamo voglia di andare avanti, perché  non arriverà mai il giorno in cui ci sentiremo sull’Olimpo della formazione, dove non serve più farsi domande, leggere, provare. Dove le cose si fermano e i cuori iniziano ad invecchiare.
Questo lo sai anche tu, volevamo solo dirti che avevi ragione quando lo hai intuito, che è proprio così, non ti sei sbagliato.

giovedì 8 settembre 2011

Capelli bianchi

Ci sono cose difficili da scrivere. Cose troppo grandi per essere provate da un cuore solo, un cuore di figlia.
Ieri li guardavo: uno così piccolo, l'altro con i capelli tutti bianchi ormai.
Una volta non era così. Erano neri quei capelli, neri come il suo carattere così autoritario e repressivo. No. No è la parola che ho sentito più spesso uscire dalla sua bocca. Lo consideravo un tiranno. E sono stata sul punto di odiarlo quell'anno in cui ha deciso di fare il padre, a modo suo.
Credevo di non uscirne più. Immaginavo ogni genere di fuga e in ognuna lui mi riprendeva, sempre.
Quel giorno la porta invece me l'ha aperta lui. E non mi ha mai più inseguito. Io però ho sempre avuto voglia di tornare, perché non si fugge da chi ti spiega, e poi ti regala, la libertà. Non puoi non voler tornare da chi ti inietta che la sola impalcatura capace di reggere il peso di una libertà così grande, che non faccia male al prossimo, è la fiducia. E la fiducia devi meritartela. Solo così non la perderai.
Ieri li guardavo, tutti e due. Il mio passato e il mio futuro, uniti dal mio sangue.
E ho sentito di nuovo quella paura, che da un po' ogni tanto mi punge proprio al centro del cuore, come una spina.
Lui mi ha permesso di andare quel giorno, non mi ha trattenuta, è rimasto sulla porta con la voce strozzata mordendosi la lingua probabilmente. Ha voluto che seguissi la mia strada.
Io non sarò così brava. Io ho paura di quei capelli bianchi, vorrei che fossero ancora tutti neri, neri come il suo carattere, sì, impositivo, tirannico, repressivo, va bene. Ma neri, come gli anni giovani di quei capelli neri.
Questa vita è troppo corta e veloce per tutte le cose che potremmo dirci, e non ci diciamo, le affidiamo ad uno sguardo, ad un mezzo gesto. Rimangono sospese nell'aria e puoi solo respirarle.
Circonvoluzioni della vita.
Ognuno di noi in fondo lo sa, sono sicura che lo sa, qual'è quella cosa che non sarà mai in grado di affrontare.

martedì 16 agosto 2011

Cristiano sulle nuvole

Dondola, solo solo sul dondolo. A vederlo da qui sembra il Piccolo Principe, proprio lui, magrolino con i capelli biondi con la frangetta ad incorniciargli il visetto magro e simpatico, che ti chiedi sempre se quegli occhiali non siano troppo grandi per lui.
Ma è quando si apre quel suo sorrisetto furbo e sdentato che ti conquista.
Dondola, sul dondolo senza cuscini, seduto a diretto contatto con le molle che gli lasceranno sicuramente il segno rosso sulle gambe. Sfoglia un libro pieno di figure, a vederlo da qui, il balconcino al primo piano, sembrano navi, modelli di navi. Non faccio fatica ad immaginare la sua mente volare via, cullato dal dondolio, a navigare su mari in tempesta, lui coraggioso capitano di un equipaggio di pirati alla conquista dei mari inesplorati, pronti all’attacco, al saccheggio.
Il suo pupazzo preferito, un grazioso peluche che ha da quando è piccolo, è diventato un pericoloso killer, Cristiano lo ha addestrato ad attaccare per uccidere.
Gira per il grande giardino, segue i due vecchi cani che abitano questa casa, si rifugia in una piccola casetta di legno che suo padre gli ha costruito, dove è stato predisposto un tappetino da campeggio con un sacco a pelo, un lettore cd con una ciotola. Una ciotola sì, perchè se metti gli auricolari nella ciotola la musica rimbomba e allora la puoi sentire anche senza metterti gli auricolari nelle orecchie, come se avessi un piccolo impianto stereo. E’ così fiero quando me lo mostra, mentre mi dice che lui lì ci dorme qualche volta, che è come fare campeggio. Sulla porta della casetta, che lui chiama “il suo alloggio”, c’è appeso il numero civico 2.
E’ lì da solo, continua a dondolarsi, ogni tanto guarda su, nella mia direzione, quasi a volersi tenere compagnia con la mia presenza silenziosa, quassù.
E’ molto piacevole parlare con lui, sentirlo raccontare le sue storie, ascoltare le sue fantasie, anche quando la voce gli si interrompe, inciampando su qualche parola che non capisci perchè non riesca a pronunciare fluidamente. Sembra stare altrove, sembra che questa grande casa divisa in appartamenti, ciascuno dei quali ospita persone e storie da ogni parte d’Europa, sia per lui nient’altro che lo scenario delle sue battaglie, delle sue conquiste spaziali, delle sue avventure incredibili con chissà quali supereroi a combattere al suo fianco.
Cristiano, portami con te, mi porti con te? Facciamo che io sono una principessa imprigionata da mostri cattivi e tu l’eroe che mi salverà?
Adesso ha preso un lungo bastone di legno e lo punta a terra per darsi la spinta e dondolarsi di più, più veloce, su quel dondolo sgangherato.
Tutto qui è silenzioso e lento, sembra che anche un respiro profondo debba disturbare la quiete che regna sovrana.
Ma Cristiano chissà dov’è adesso, chissà cosa vedono i suoi occhi di bambino dietro quegli occhiali spessi, Cristiano con i calzoncini corti e le gambette magre, i calzini corti e le Crocs.
Ieri mi ha detto che non ama andare a scuola, che per lui dovrebbe esistere solo l’intervallo, al massimo scienze e informatica, che almeno devi solo stare seduto ad un tavolo davanti al pc.
Eppure non è un bambino pigro, tantomeno svogliato, no non lo è affatto.
E’ un bambino un po’ solo e pieno di fantasia, dolce e simpatico, sveglio, parecchio sveglio.
Questo luogo protegge la sue fantasia al punto da non fargli mancare amichetti o play station, la casa è piena di giocattoli, davvero sembra il paese dei balocchi ma lui sembra non vederli. Lui ha scoperto che con una ciotola e un lettore cd puoi crearti il tuo piccolo impianto stereo nella tua piccola casa di legno con il numero civico 2 vicino alla porta.
Lo guardo dondolarsi, lui guarda me e mi sorride.
Continuo a cercare di respingere questo senso di malinconia che sento in fondo al cuore, ma non posso. Vorrei che Cristiano restasse sempre così, mentre so che presto la sua fantasia innocente verrà sporcata e imbrigliata da una società spietata, molto più dura e crudele dei mostri che adesso combatte dal suo dondolo scassato.
Sii forte Cristiano, distruggili tutti, vola in alto e vienimi a salvare, portami con te e voliamo liberi a fare capriole fra le stelle.

lunedì 15 agosto 2011

Francesca

Non è iniziata subito, è un'amicizia insolita direi. Sì, perché oggi posso parlarne chiamandola a pieno titolo amicizia. Sono quasi 24 ore che ci penso, da quando ieri mi è arrivata quella mail, quel fiume di parole che mi hanno aiutato a capire tante cose di lei. E a volerle ancora più bene. Vedi che a volte dei semplici regali, magari con tastiera retroilluminata, possono rivelarsi molto utili nel buio consolatorio della notte, quando, quasi come nel segreto di un confessionale, si apre finalmente il cuore e si lascia uscire tutto.
A me ieri mattina è arrivato un lenzuolo di parole, fatto di pensieri, racconti, emozioni, posizioni riguardo certi argomenti, mi si è svelata una persona nella sua interezza, dando una spiegazione fondata ad una simpatia istintiva nata due anni fa,quando ho conosciuto Francesca a Palmi, in Calabria. Ci siamo viste la prima volta a giugno, ma solo al mio ritorno a Palmi, ad agosto, abbiamo iniziato a prenderci realmente in simpatia, punzecchiandoci di tanto in tanto, cercandoci con pretesti banali solo per farci quattro risate. Francesca lavorava in pizzeria e non era raro vederla ritornare la sera tardi con dei cartoni di pizza per noi che bivaccano in veranda. Quando così non era, poteva capitare che avessimo la faccia tosta di chiederle di tornare a prendercela un po' di pizza, e lei risaliva sullo scooter e provvedeva a sfamare le belve.
Mi sono sentita a mio agio con lei. A dire il vero mi sentivo a mio agio con tutti, ma lei mi stava particolarmente simpatica. Sarà perché la vedevo così giovane, lanciata verso un futuro da costruire con l'entusiasmo dei vent'anni, mi immedesimavo in quella ragazza che si affacciava alla vita carica di sogni e mi ricordava me alla sua età (mi sento nonna Federica adesso), fatto sta che Francesca mi è entrata nel cuore.
Mi è venuta a trovare spesso Francesca quando "saliva" a Roma, anche brevi incontri solo per un caffè volante ma ci siamo viste spesso, a dimostrazione di un affetto che non si interrompeva per la fine di una storia, ma che viveva di suo, un affetto prezioso da parte sua e di tutta la famiglia che mi ha aiutato a ritrovare il mio valore in un momento in cui di valore me ne sono dato ben poco.
Ripenso alla mail di ieri, ero seduta proprio qui, a questo stesso tavolo del solito bar di Piazza San Cosimato, dove peraltro ci siamo viste l'ultima volta, una settimana fa circa.
Quel giorno le ho raccontato tutto.
Dalla rapina a oggi, tutto.
Lei ha ascoltato ogni mia parola con molta attenzione, aveva già letto il blog, aveva più o meno idea di cosa sto facendo, mi ha fatto molte domande, ha acquisito altri particolari e ha messo insieme tutti i pezzi, componendo il puzzle.
Non ha voluto dirmi subito cosa ne pensasse. Si è presa del tempo per ragionare, per metabolizzare.
Ieri ha condiviso la sua idea e molto altro con me.
Quel molto altro è stato un regalo bellissimo e prezioso, perché ci ha avvicinate ancora e mi ha dato l'ennesima dimostrazione del sommerso meraviglioso che alberga dentro le persone e di quanto un giro virtuoso di amore verso la vita possa portarlo alla luce.
Le persone sono delle scatole cinesi, tanti cassetti nascosti pieni di tesori sotto chiave.
La chiave ce l'hai tu, non ce l'hanno nemmeno loro, no, ce l'hai tu. La usi ogni volta che ti apri all'ascolto, all'accettazione totale di chi ti è di fronte per come è, non per come dovrebbe essere o vorresti che fosse. La vera ricchezza di questa vita è saper vedere le persone per quello che hanno dentro e che vogliono condividere con te, per i momenti che ti regalano, per le emozioni che ti lasciano, per i ricordi che vi legano.
Questo funziona, e funziona bene.
Non accade spesso, soprattutto quando si cerca di dare a tutti i costi un nome alle cose, caricandole di aspettative, di pretese, spogliandole della genuinità pura che rende un momento perfetto.
Io di momenti perfetti ultimamente ne sto vivendo parecchi, molti da sola, qualcuno con le persone che amo.
Ma oggi la protagonista assoluta di questo spazio è Francesca, il suo cammino coraggioso e pulito, il suo cuore fiero e schietto, la donna meravigliosa che si prepara a diventare.