venerdì 4 maggio 2012

Cinema e pace

 Un vecchio cinema mezzo vuoto, pochi spettatori in sala, un’amica trascinante e un panino da nascondere nella borsa e mangiare nel buio della sala, sprofondata nella poltrona. Un film meraviglioso, o forse solo il film giusto per quella giornata. Una giornata pesante senza dubbio, con un residuo di fastidio per una maleducata aggressione, espressione rozza di una disorganizzazione mentale, che aveva portato con sé una notte tormentata e una giornata che aveva accumulato tensioni. A volte ti senti come una pentola a pressione,  la stessa percezione di qualcosa che ti si gonfia nel petto pronto ad esplodere e alla fine lo fa, esplode e tu senti uscire tutto quello che ti sei trattenuto fino a quel momento, ti sgoli in una inutile difesa del tuo diritto di essere trattato con rispetto, come meriterebbe ogni essere umano.
Ieri è andata più o meno così, ma alla fine, a vincere era stato un senso di avvilimento e sconcerto, e chi ci crede più? E chi ce l’ha la forza per confrontarsi con questi squali, io che voglio solo stare in pace, che voglio agire  correttamente perché so che quello che porto ha valore, non in base all’abito e alla cravatta che metto, men che meno in funzione della ragione sociale in nome di cui opero.
La qualità è una vittima di questo sistema, e la qualità delle persone si misura in funzione di quanto sopperiscono a questo stesso, cannibalesco sistema.
Ieri era questo il mio pensiero.
Ecco come ti ritrovi, dopo una giornata così, in un cinema di Roma, trascinata quasi a forza da lei, con il nostro panino, piccole piccole nella poltrona del cinema, davanti a quel film così bello.
Immagini, paesaggi, ma soprattutto parole che pur venendo da lontano, hanno ancora il sapore attuale della verità. Uno scrittore che osserva il mondo, il suo contraddittorio mondo algerino, con l’innocenza e l’amore incondizionato del bambino che ci è cresciuto e la consapevolezza e la passione strutturata dell’uomo che ci torna in difesa della libertà e della coesistenza.
Tante parole, in radio, in un’aula universitaria, per strada, e una sintesi perfetta nelle parole di quella madre coraggiosa che rifiuta di tornare in Francia con il figlio perché: “la Francia è bella, ma non ci sono gli Arabi”.
Non è così lontano un mondo bello come quello, vive dentro chiunque sappia stare dentro se stesso senza iniziare a tremare come una foglia. E’ alla portata di chiunque abbia il coraggio di amare, spogliando l’amore di componenti velenose che appartengono all’animo umano e alle sue insicurezze, non al sentimento puro. Lo trovi quando hai la delicatezza di fermarti e guardarlo così com’è, il bene e il male, la forza e la paura, la vita e la morte, la Francia e l’Algeria. Sai che non lo perderai più quando ritrovi pace al pensiero del suo bene, quando non hai più bisogno di voltarti indietro per vedere se c’è, quando te lo porti dentro in ogni parte del mondo come una tartaruga fa con la sua casa.
Ecco perché poi ci sono quelle sere, con la luna, in cui tornare a casa con la tua musica nelle orecchie è così dolce…

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