domenica 20 maggio 2012

Deflagrazioni

La ragazza aveva chiuso gli occhi come a contenere l’onda d’urto causata dalla deflagrazione che le aveva chiuso le orecchie, ovattando tutto, sfocando le immagini intorno a lei, isolandola.
Chissà se intorno a lei qualcuno si era reso conto, chissà se le persone avevano avvertito quel cedimento. Una crepa diramata e metastatizzata che non aveva retto a quel peso, alla fine aveva ceduto, smottando la barriera di difese e resistenza che da mesi andava consumandosi, cedendo sempre un po’, logorandosi, fino a scomparire dietro l’ombra diaframmatica di un sorriso sempre meno convincente. Alla fine era successo.
Adesso muoio.
Le mani avevano iniziato a formicolare, e i piedi anche. Nello stomaco un vuoto centripeto che sembrava voler divorare tutto ciò che restava di lei in una salvifica implosione.
Sto morendo.
Esistono davvero due mondi paralleli ignari l’uno dell’altro, perchè quando aveva riaperto gli occhi dopo un istante che le era apparso un’era geologica, era tutto come prima, non un accenno di stupore nelle espressioni di chi era lì con lei, non una preoccupazione, un sospetto, nulla.
Io sto per morire.
Questo pensiero però era lì, e lei avrebbe voluto essere a casa, al sicuro, dove non c’è pericolo, dove nessuno poteva farle male e invece era in mezzo ad una folla di persone che pretendevano allegria, spensieratezza, sorrisi di plastica e battute al fulmicotone.
Ma era stato quando aveva sentito il cuore sfuggirle di mano in un battito impazzito e soffocante che quella mano l’aveva afferrata e trascinata via, un attimo prima che le lacrime schizzassero fuori dagli occhi in un piano a dirotto.
Ti porto in ospedale, hai un attacco di panico.
Non mi porti da nessuna parte, aiutami a respirare invece.
Ecco come vanno le cose, o come sarebbe bello che andassero quando chiedi aiuto a qualcuno, quando hai bisogno di parlare e confrontarti per trovare la strada giusta, che è solo la cosa giusta che stai cercando di fare.
Si ripeteva che doveva solo ritrovare la sua lucidità, che da troppo ormai era l’ansia e la confusione a farla da padrona e a lei questa storia non piaceva affatto.
Sapeva che alla fine si sarebbe stancata di piangere, che anche quello è un lavoro muscolare che trova il suo traguardo e si placa per sfinimento, e lo sfinimento a ben pensarci è una forma di calma, e la calma porta lucidità.
Non c’è un luogo e un momento giusto quando arriva il momento, non c’è nemmeno la persona giusta, nonostante i tuoi tentativi di rivolgerti a quella che credevi in grado di esserti vicino, no. Niente di tutto ciò, fanculo. Ti scoppia tutto in faccia come un foruncolo gravido e tu devi essere pronto a tamponare.
Alla ragazza l’idea del foruncolo gravido aveva strappato un sorriso annacquato da una lacrima sfuggita al fiume di pianto che continuava a bagnarle il viso ed era stato mentre cercava un fazzoletto nella borsa che le sue mani avevano incontrato la copertina dura dell’agenda.
Era stato un anno duro quello che stava per compiersi tra un mese, iniziato con una violenza fisica e proseguito come una montagna russa fra decisioni coraggiose e fortunate, ritorsioni e minacce, speranza, entusiasmo e fiducia, altre violenze sottili e intangibili, paura e tutto, tutto, alla fine aveva cementificato in un enorme, altissimo muro oltre il quale adesso non riusciva ad andare ma davanti al quale non poteva rimanere senza rinunciare al suo cuore, già oltre da un pezzo.
Rivedeva tutto mentre scriveva sui fogli bianchi di carta riciclata, rivedeva quei mesi così bizzarri e difficili e si diceva che le serviva un piano, le servivano azioni, piccoli passi per iniziare a muoversi da adesso, non da domani, perchè se non si rialzava adesso sarebbe stato tutto perduto.
Ecco come aveva preso vita quel semplice elenco di azioni da compiere, ecco come poi erano state messe in ordine di priorità e fattibilità, ecco come erano state tempificate. Ecco la lucidità che le guidava la mano, le organizzava i pensieri.
Un ultimo spazio, per le crocette da mettere accanto ad ogni passo dopo averlo attuato, in quella sequenza e scadenza. Quelle crocette sarebbero state la misura della realizzazione del piano, il piano A, nessun piano B stavolta, ci giochiamo tutto in una botta secca, la partita della vita.
Non aveva pronunciato una parola mentre scriveva, cancellava, spostava, strappava fogli e ricominciava. Lui era rimasto ad osservarla in silenzio, aveva provato a dire qualcosa ma lei sembrava non sentirlo, non c’era nessuno da sentire adesso, scusa tanto.
Alla fine aveva rimesso tutto a posto, l’agenda nella borsa e la penna pure.
L’aria era nuovamente respirabile, i polmoni si gonfiavano di nuovo.
C’era quel senso di tristezza da gestire, sapeva che se lo sarebbe portato dentro ancora per un po’ , ma almeno adesso aveva un piano.
Alzandosi aveva guardato quel tipo visto solo un paio di volte prima di quella sera, con il sorriso simpatico e la camicia sporca delle sue lacrime nere di trucco.
Ciao e grazie, scusami per la camicia, buonanotte.

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