Visualizzazione post con etichetta riflessioni. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta riflessioni. Mostra tutti i post

lunedì 19 marzo 2012

come un puntino sulla i (???)

Oh sì...un puntino sulla i, la vita così.
Ehehe, come sarebbe quindi chi vive la vita come un puntino sulla i? Una caccola a parer mio. Oddio come sono poco poetica, chiedo scusa. Ma è che davvero, con tutto l’impegno delle mie sinapsi in cassaintgrazione, non ci riesco cristodiundio, non ci riesco a cogliere la profonda allegoria che si cela dietro siffatta, criptica frase.
Mi sembra una stronzata, a dirla tutta. Con questo non voglio insultare chi l’ha citata rimanendone affascinato, no. Lo invidio pure un pochetto, perchè sì, ci vuole fegato e anche un po’ di romanticismo per farsi cullare da immagini sfumate evocate da frasi prive di senso. E’ un po’ come vedere un film d’amore, è sul lieto fine che ti ricordi improvvisamente che stai vedendo un film, quando quella scossetta al centro del cervello ti sveglia e ti riporta con i piedi per terra nella tua vita del cazzo dove quelle cose non succedono, dove le persone distruggono ogni piccolo regalo che la vita concede loro semplicemente perchè non sanno fare altro che quello.
Ecco, la vita come un puntino sulla i mi sa di insensato come quello che succede nella vita di tutti i giorni, anche tra persone che sembrano dotate di una discreta intelligenza, a dire il vero.
Oddio, ma se è così...se è così allora anche il nonsense del puntino sulla i diventa sensato.
Se la normalità è il capovolgimento di ogni principio di buon senso, allora dire che c’è chi vive come un puntino sulla i potrebbe davvero nascondere un profondo significato allegorico, dietro il niente concettuale che a mala pena lascia una compiutezza formale ad una frase così insulsa.
Alla fine c’hanno ragione loro e non c’ho capito niente io.
Hai capito? Che storia porca zozza...
Ecco che c’era, sono ancora nel paese delle meraviglie di Alice, cammino ancora a testa in giù, credo ancora che le cose belle siano un dono della vita e vadano custodite, vissute, e sia quel che sia.
Sono proprio come un puntino sulla i....una i stampatello però.

giovedì 15 marzo 2012

e stavolta non cancello

Scrivo e cancello, riscrivo, leggo e rimango così, fissa su quelle parole che hanno il sapore amaro della delusione, di uno schiaffo sulla faccia all’improvviso.
Alzo le dita sulla tastiera e resto così, sospesa nella promessa di una frase da scrivere per liberare il cuore e la mente, e poi rinuncio, che tanto nessuno leggerà i fiumi di parole che ho scritto in questi giorni, i rigurgiti di un orgoglio che mi porta ad alzare la testa e andare avanti, lasciandomi tutto alle spalle.
Mi devo forzare a scrivere anche il dispiacere che accompagna la mia volontà, ma voglio farlo, perché non regge l’immagine del supereroe che compie imprese fuori dal comune con la semplicità di un soffio di vento, no. A me pesa come una valigia di piombo, questo dispiacere che accompagna ogni passo, perché alla fine ci ho creduto pure io, e mi è piaciuto farlo.
Intorno a me la stanza è silenziosa oggi, le persone lavorano, Laura che mi conosce e mi legge negli occhi mi scrive mail che hanno il sapore dolce dell’amicizia e dio solo sa quanto ne ho bisogno, io che sembro sempre troppo forte per poter chiedere aiuto.
Cosa sei venuto a fare? A dimostrarmi che non sono invincibile? A mettermi in ginocchio colpendo la mia fiducia in un sentimento pulito? Magari non l’hai fatto apposta, ma era questa la tua missione. Chissà la mia qual’era nella tua vita, forse quella di farti prendere una boccata d’ossigeno prima di rituffarti nella palude dalla quale sei uscito.
Resta il fatto che sono qui, stordita e spaesata come una straniera in un paese lontano, ma visto che sono una viaggiatrice, e non una zingara come piace dire a tanti, dicevo, visto che sono una viaggiatrice imparerò presto la lingua di questo posto nuovo, vestirò i loro abiti e mangerò i loro piatti tradizionali e porterò così nuovi colori in questa giornata, fino a renderla solo la coda di un dispiacere.
Io sono il viaggiatore e viaggio,
viaggio per i bassifondi delle città
guardo le stelle venir fuori dal cielo

domenica 11 marzo 2012

Manuale di sopravvivenza nel mondo del femminile per ambosessi e cani di piccola taglia - capitolo xyz: c'avessi avuto un bel culo il mondo mi avrebbe sorriso (forse?)

Continuava a specchiarsi da dietro, uno specchietto in mano per vedere la sua immagine di schiena, per intero, davanti allo specchio grande dell’armadio.
Non c’era griffe, non c’era modello, niente che le rimodellasse quel culo sfatto che, a trent’anni appena compiuti, già si ritrovava. E nemmeno da un giorno; era sempre stata una cicciottella, una cicciottella simpatica con quella faccia allegra, gli occhi grandi e il bel sorriso, che con il tempo aveva imparato a modellare in espressioni che dalla tenerezza potessero trasmettere sensualità, qualcosa che agli uomini suggerisse un’attenuante per quel culo.
Non che fosse una cosa enorme eh, che c’è di peggio in giro, e poi a certi maschi piace pure, che la quantità è sempre uno sporco affare a letto, ma fuori, insomma, quando devi vestirti o devi andare in bikini al mare non è semplice, maglie lunghe e un pareo per ogni occasione. Cheppalle. Farebbe prima a mettersi a dieta ma capricciosa com’è non è strutturata per privarsi di niente, vuole tutto lei, ogni riccio un capriccio e quando non lo ottiene si salvi chi può, il grande culo si trasforma in un Katerpillar che non risparmia niente e nessuno si posizioni sulla sua pretenziosa strada.
Le donne grassottelle sono cattive, come quelle basse di De Andrè, con il cuore troppo vicino al buco del culo, il culo appunto, che a queste signorine scatena una sotterranea invidia verso il resto del mondo, espressione diretta della scarsa autostima che non si confesseranno mai, catapultando un’eterna scontentezza ed esigenza di attenzione su ogni essere venga inghiottito dalla loro compulsiva fame di premure, fino a pretendere autentiche prove medievali d’amore, se con la testa di qualcuno su un piatto d’argento tanto meglio, grazie.
Dei vortici bulimici di egoismo che imprigionano, impigliano, lobotomizzano chiunque provi a voler loro bene.
Ma non si può voler bene a questi esseri, perchè loro non se ne vogliono.
Loro si disprezzano, come possono apprezzare qualcuno che ami l’oggetto del loro disprezzo? Non possono farlo e la faranno pagare cara a questi poveri cristi, la loro debolezza.
Ma intanto quel culo sempre lì sta, incorniciato dal vestitino rosa (rosa, pure tu figlia mia che cazzo, un colore più sobrio no eh?) e non c’è verso di nascondere l’emblema della frustrazione al resto del mondo.
Questo è. Si salvi chi può e chi non vuò, cazzi suoi.

Tratto da: “Manuale di sopravvivenza nel mondo del femminile per ambosessi e cani di piccola taglia”

mercoledì 28 dicembre 2011

E quindi...ciao

No, non me lo chiederò fingendo un reale interrogativo sul perchè le considerazioni sistemiche avvengano sempre a fine anno. E’ già tanto che non parto con carrellate di buoni propositi per il nuovo anno tipo smettere di fumare o mettermi a dieta.
Ma proprio passarla liscia, come se fosse un giorno come un altro, come se questo fosse stato un anno come un altro, quello no.
Che non lo sia stato è dimostrato dal fatto che non lo mando a cagare come ho fatto con gli ultimi scorsi. Ormai è un sentire comune, finisce l’anno e che vada affareinculo lui e tutto quello che ci ha fatto patire, perchè adesso sì che è finito e possiamo accogliere sorridenti l’entrata trionfante dell’anno dell’ariete, della tigre, dello yin o del peperone verde. L’anno in cui Urano entra in trigono con Giove e questo non succedeva da 87 anni, presagio di stravolgimenti e grandi successi finanziari. Sì, ogni anno cerchiamo segnali e presagi di qualcosa che cambierà in positivo, perchè l’anno che si conclude è stato specificamente una merda.
Cosa nuova quindi, sentirsi spaventata dall’arrivo del momento dell’addio con questo 2011 che, come un’onda lunga, mi ha sollevata, sospinta  e trascinata in salvo su una spiaggia deserta, per poi ritrarsi, lasciandomi sola davanti ad un mondo nuovo, un nuovo mondo.
Ci siamo, potevi togliermi la vita, me l’hai restituita.
Potrei dire mille cose ora, potrei ripercorrere le tappe di questi 12 mesi che hanno valso 37 anni, che hanno dato senso a tutto, a tutto, hanno rimesso a posto cose che un posto sembravano non averlo. Un anno fatto di momenti cristallizzati nel mio cuore e nei miei ricordi, che non dimenticherò mai. Porte finalmente chiuse, oltrepassate senza più voltarmi indietro, già così lontana ad inseguire il mio cuore.
Lo rivivrei altre mille volte questo anno incredibile, con tutte le persone che ci sono state, che mi sono stare vicine, che sono rimaste, o che sono tornate solo per farsi dire addio.
Non ho mai sentito tanto amore vicino a me, non ho mai riso tanto, non ho mai avuto tanta paura, non avevo mai avuto paura di morire prima.
Ho troppe parole in testa adesso, troppe emozioni nel cuore e l’unica cosa che vorrei è stringere forte tutti i miei amici, tutte le persone che ogni giorno partecipano alla mia vita, da distanze diverse e ognuna a suo modo, vorrei stringermi a loro, chiudere forte gli occhi e fare un respiro profondo, ciao 2011, davvero non ti dimenticherò.

martedì 29 novembre 2011

Come un uomo testardo

La vita è proprio così.
Come quell’uomo testardo, prepotente ed egoista contro cui ti sei scagliata come una pentola in pressione che esplode, che hai cercato di convincere delle tue ragioni rimanendo sorda alle sue.
E’ proprio così, che una carezza ti regala anni d sole nel cuore anche quando il sole non c’è più da anni.
Ti ascolta a volte, o almeno sembra farlo, ma poi fa come gli pare, che diversamente non sa fare.
Ti lascia a bocca aperta, per la gioia, per il piacere immenso, che nessun altro al mondo saprebbe mai amarti così. E poi ti tramortisce di dolore, perchè non amerai nessun altro al mondo così.
Accade una volta sola, dura per sempre, quell’unico sempre che hai. Combatti per troppo tempo, cercando di cambiare quello che è già perfetto così.
Spesso ti accorgi tardi che l’unico amore è quello che si arrende, all’uomo e alla vita, con la fiducia cieca di chi si abbandona, perchè ovunque andrà, è quello il treno su cui salire.
E se sblocchi il tuo cuore, ti accorgi che appagante è vedere il tuo amore vivere pienamente e con meritata gioia, anche senza di te. Come un figlio che cresce e cammina con le sue gambe, se ne va con gli occhi rivolti al sole, verso i suoi sogni.
La vita fa così.

Se sai ascoltare, la vita ti parla attraverso i tuoi giorni e le persone che li attraversano, e ti svela il suo segreto.

mercoledì 16 novembre 2011

sapori

Come farei a ragionare senza i sensi? Io che inchiodo ogni ricordo nei contorni definiti di un’immagine, nella profondità violenta di un profumo, nel calore di una voce, la ruvidità di una carezza svogliata.
Troppe persone hanno attraversato la mia vita ultimamente. Nessuna si è fermata. Colpa? Volontà? Forse sapori.
Poteva essere tutto perfetto, una cornice favorevole e adatta, un copione già scritto, ma quel vino aspro annunciava una nota in contrasto con l’armonia che cerco.
Un silenzio che non passa inascoltato: il mio cuore che non batte forte, non si emoziona, tuttalpiù si affatica alla ricerca di un piacere meccanico e fine a se stesso: dai, ti chiamo io in settimana.
Mi dico che è questo adesso, è così. Che va anche bene perchè mi risparmio rogne e tormenti, che ne ho avuto abbastanza nell’ultimo anno e una leggera spensieratezza adesso è la medicina migliore.
Ma questa non sono io. Io, così, mi annoio. Mille volte meglio la mia casa, il mio cane, un libro o un film. E ciao.
Vorrei restare avvolta all’infinito nell’abbraccio caldo e morbido delle serate con i miei amici, il loro vedermi come sono, amarmi in modo facile e spontaneo, la gioia delle mie risate e la leggerezza della strada sotto le ruote del mio scooter quando torno a casa pensando che questa è un’altra giornata degna di essere stata vissuta.
Sapori dolci che accompagnano visi distesi, voci dirette, profonde, sincere che non ti puoi sbagliare perchè ti prendono il cuore fra le mani e lo custodiscono proteggendolo da chi te lo vorrebbe mettere sotto chiave.
Le cose sanno di buono quando sei nel posto giusto per vivere il momento esatto.
Il vino non è aspro, un sapore non esagera, la gente non urla, nè parla troppo piano, un abbraccio non ti stringe troppo, ma nemmeno ti lascia andare. L’amore non lo devi cercare, ma nemmeno sei costretto a raccattare nulla da terra.
Stai qui, Federica, resta qui. Il centro esatto di questa fine di giornata, nel rosso rubino del vino nel tuo bicchiere, un sapore che non può tradirti, perchè quello che ti scegli, non può che essere il sapore perfetto.

giovedì 22 settembre 2011

C'è tempo...e tempo

Il tempo ritorna ad essere una delle questioni che mi interessano di più. Questo perché in quest'estate è stata la variabile più significativa di ogni passo compiuto.
Da quando di tempo non ne hai per te, e l'idea di averne diventa il sogno proibito a cui non ti concedi nemmeno di pensare. A quando accade qualcosa che improvvisamente ti regala qualche giorno, a quando decidi, con una consapevolezza relativa al tuo diritto a stare bene per un po', di prendertene altro. A quando intravedi in quel nuovo scorrere delle ore nuove possibilità, un nuovo approccio alla tua vita dove le cose importanti possono essere riviste, ridimensionate, ricollocate. Il tempo per te. Il tuo tempo. E allora compi quell'ulteriore passo del quale, per la prima volta, hai calcolato e accettato le conseguenze. Un tempo per distruggere. In tutte queste fasi l'adrenalina è stata il carburante quotidiano: adrenalina messa in moto dall'entusiasmo, dalla preoccupazione, dalla felicità, dalla paura e dall'ansia, dal coraggio e dalla sfida vinta.
Finchè vivi questo ti sembra impossibile che possa non essere più così. Anche se lo sai che il carburante poi finirà, e che dovrai camminare a piedi dopo, con le tue gambe.
Ecco, ci siamo.
Un tempo nuovo questo dell'attesa. Caratterizzato dalla pazienza e dal distacco emotivo. Emozioni di cui non parlo, di cui non scrivo, idee che tengo per me finchè si muovono così veloci, di cui mi interessa solo evidenziare e sottolineare l'ennesimo collegamento con il tempo. Questo è un tempo che prova, ma che rafforza, che mi mette a confronto con me stessa e con le cose che ho fatto rientrare poco a poco nella mia vita. Affetti, divertimenti, impegni, prospettive lavorative. Ma con ordine e possibilmente senza miscugli, che ho bisogno di gestirle separatamente, per quanto possibile, ho bisogno di evitare caos.
Rientrano inevitabilmente anche emozioni negative come la delusione, tanto più grande e dolorosa quanto più inaspettata, ma ogni cosa sembra avere una maniglia, un punto da cui può essere afferrata senza scivolarmi dalle mani.
Questo tempo è più lungo, è pieno di vuoti e di pause, in cui le emozioni hanno più spazio per muoversi e farsi sentire, accidenti a volte vorresti che tacessero ma è giusto così.
Volevo solo dire che mi prendo anche questo, che anche questa è una fase ed è importante, va ricordata insieme alle altre che fanno parte dello stesso viaggio.
Vale la pena vivere ogni cosa, ecco forse questo è il senso di quello che ho in testa oggi, ogni cosa ha motivo di essere, anche se adesso magari mi sfugge.

venerdì 16 settembre 2011

pensieri bianchi

Da dove vogliamo cominciare?
L'estate finisce, il caldo continua, dentro è tutto pulito. Finalmente. E' un po' come quando traslochi da una casa in cui hai vissuto a lungo, dove hai comprato mobili, tappeti, piatti, vestiti, quadri libri tutto. Tutto accumulato negli anni fino ad attutire il rumore della tua presenza là dentro. Cade una forchetta sul tappeto: tump. Finito.
Ti muovi scalzo per casa e il tuo passo non fa rumore, ti senti rimbalzare tra i cuscini del divano, il letto, persino le pareti di casa sono calde quando ci vivi.
E non puoi accorgertene, come fai…è impercettibile. E' inesorabile. A forza di mettere cose, per quanto confortevoli, graziose, utili anche, lo spazio si riduce. Ti ritrovi a muoverti scivolando come un gatto fra le cose. Sei improvvisamente tu che ti muovi tra le cose, cercando di non inciampare, di non urtare di non, ops scusa! Ecco, cercando di non: proprio questo.
Ospite nella tua casa.
Come ti ci senti? Ti piace? Hai ancora voglia di tornarci la sera? Dormi ancora bene nel tuo letto?
Respiri? E se ti accorgi che non ce la fai, che i polmoni non si espandono, che la casa, la tua casa, ti inghiotte, che fai?
Traslochi, semplice.
Eh no, semplice per un cazzo. Io prima distruggo tutto se non ti dispiace, e poi me ne vado.
Distruggo tutto perché è roba mia, perché credevo servisse ad un fine e ora mi accorgo che non avevo capito, che mi ero sbagliata, che non serviva a quello, serviva oggi a farmi capire che significa distruggere tutto quello che hai.
Scusami, dovevo farlo, solo così potevo amarti un'ultima volta. Però sei bella sai, così, distrutta, a pezzi. Devo dire che non mi sei mai piaciuta tanto.
Sto per andarmene, e ti guardo ancora, ancora un'ultima volta, dopo aver raccolto ed eliminato le macerie e tu sei di nuovo luminosa, con le pareti bianche, vuote.
Tu sei tutta vuota e pulita, e così mi fai venire voglia di restare ancora un po', a sentire il suono della mia voce che finalmente rimbomba, a sentire il rumore dei miei passi sul pavimento, a riempirmi gli occhi di luce e i polmoni d'aria fresca che entra dalle finestre, spalancate, senza tende. A sentire Federica che torna ad abitare qui.
Ma sì, forse non è necessario andare lontano per stare bene, una volta che sei a posto dentro, non servono altri chilometri da macinare.
Adesso però me ne sto ancora un po' così, nel niente.
Tra non molto dovrò pensare a cosa portare dentro, con me. Poche cose, essenziali e preziose. Devo pensarci bene, perché non voglio più distruggere quello che mi circonda. Lo considero un privilegio, un privilegio di lusso che ho pagato in contanti e senza sconto.
Ci penso, sì ci penso bene, lo faccio con la pancia e non più solo con la testa.
Non ho fretta, davvero non ce l'ho.
Sono successe tante cose in questi mesi e il bianco è la cosa più bella che mi sento nella testa adesso.

lunedì 29 agosto 2011

Entropia

Certe volte la vita si concede delle piccole crudeltà gratuite. Crudeli proprio perchè gratuite. Le lascio scorrere per un puro principio di entropia. Che altrimenti ci sarebbe da incazzarsi di brutto.
E' che non ho voglia di dilungarmi ma ricordatevelo: entropia.
E' la chiave di tutto. Non serve opporsi, si fa solo una fatica bestia e in più si complicano le cose.
Entropia, sta stronza.
Meno male che a quest'ora ci sono le notifiche di Groupon ad allietare la nottata.




domenica 14 agosto 2011

Tempo da riempire

Ho sempre avuto paura del tempo.
Mi sembrava un contenitore di gomma, una di quelle cose strane che più le riempi e più si allargano, come se fosse un paio di misure troppo grande per me.
Per questo mi sono sentita una da azienda, da contratto full time, full energie, full life, full tutto.
L'idea che qualcuno mi aiutasse a riempire questo sacco enorme mi ha confortato, mi ha sollevato dalla responsabilità di doverlo fare da sola, che tanto non sarei mai stata capace io, che potevo metterci, i miei pochi desideri, i miei pochi bisogni, la mia poca voglia.
Mi prenderei a schiaffi.
Cosa mi è successo?
Che mi hanno fatto?
Oggi che non riesco a finire una serata con gli amici per tornare a casa a leggere quella cosa interrotta che continua a girarmi in testa, che devo scrivere prima che mi sfugga il pensiero, che mi sembra che il tempo non basti, che è già ora di cena, è già notte, chissenefrega che è notte chi l'ha detto che bisogna dormire.
Tempo mai stato così pieno da quando me ne sono riappropriata, no sbaglio: da quando me ne sono appropriata.
La risorsa più potente, capace di non farmi mancare una vacanza in quest'estate di rivoluzione, di non farmi mancare soldi, vestiti, lusso e frivolezze alle quali ero abituata, da cui credevo di dipendere, uno status dal quale non si scende, si può solo salire; questo mi dicevo per anestetizzarmi ancora.
Metteteci una pezza: le persone libere non si comprano, perché non si vendono.
L'isolamento è il premio.
E' vero, lo è.
Guarda qua, sono le 11,22 di questa domenica 14 agosto, Roma invasa dai turisti che fanno colazione a questo stesso mio bar, pronti per lanciarsi nella visita stordita della mia amata città semideserta, io a scrivere, qui seduta, incurante di tutto.
Questo per me significa essere felici.
Se mi fulminasse un colpo secco adesso, proprio qui, con le mani sulla tastiera del mac, la mia sarebbe stata una vita degna di essere vissuta.
Facciamoci due conti.

domenica 31 luglio 2011

Perchè questo non è un blog

Questa è una confessione.
E' l'apologia di una scelta di ribellione contro chi crede di avere il coltello dalla parte del manico e vuole convincerti che te lo tiene puntato sul cuore, pronto a trafiggerti al primo segno di dissenso.
E' la cronaca di una rivoluzione silenziosa messa in ombra dalla paura, dal gran vociare di televisione e giornali che vedono un nanetto, uscito da una canzone di De Andrè, un piccolo scarafaggio con il cuore troppo vicino al buco del culo, che considera chi non ha un lavoro a tempo pieno un poveraccio, un cretino, la feccia della società.
Uno schiavo che dal basso (è un fatto fisico) della sua mediocrità pensa di dettare legge, di definire regole per muoversi in un mercato del lavoro che affossa sempre di più, che sforna individui che non producono ricchezza per il paese, ma servono ad alimentare le costose perversioni di chi ci governa.
Io potrei tranquillamente considerarmi una di queste persone.
Io sarei amata da Brunetta probabilmente: sono una dipendente delle Poste, ho una posizione di responsabilità nell'azienda, guadagno bene, sono stabile, produco risultati che si traducono in fatturato per l'azienda.
E mi sento una cretina. Sono io la cretina non quelli a cui si è rivolto lui ieri. Persone coraggiose che invece di andarsene al mare, visto che tanto non lavorano, sono andati a contestarlo.
Le armi di chi si sente bersagliato da parole infamanti come quelle sono la contestazione di massa, un muro di persone che possono contare solo sul numero, per mostrare che non è uno, sono centomila, segno che c'è qualcosa che non funziona a livello strutturale in questo paese.
Io tra quelle persone non ci posso stare, perché sto dall'altra parte della barricata.
Ed eccola, la mia confessione: ragazzi si sta da schifo qui. Non vale la pena vendersi per così poco. Ci rubano il tempo, ce lo pagano sottocosto e ci tolgono la libertà di rendere quello che davvero potremmo se solo facessimo quello per cui abbiamo studiato magari, o anche solo ciò per cui siamo portati.
Produciamo poco in troppo tempo. Viviamo in una gabbia di regole e procedure obsolete e inutili, dispersive in termini di tempo ed energie.
Dove se sei antipatico a qualcuno, e se dimostri di essere bravo stai tranquillo che quel qualcuno lo trovi, o se sei troppo simpatico, rischi grosso.
Posto in cui ti persuadono che la serenità te la dia la cifra in fondo alla tua busta paga.
Guardate che questo lo sanno fare bene, ti ci convincono davvero, ma siccome sono degli asini non hanno pensato anche a cambiarti l'espressione del viso.
Quella è sfuggita alla loro azione e sola rimane a gridare quanto siamo spenti, stanchi davanti al passare rassicurante di una vita senza dignità.
Non so se tutti abbiano un'alternativa di vita. Probabilmente sì, ma come me, l'hanno chiusa nel cassetto dei sogni dimenticati.
Io quel cassetto ho deciso di aprirlo, l'ho aperto e con molto orgoglio dico all'onorevole Brunetta che Federica Albanesi se ne va in mezzo ai cretini.
Attento però che in azienda io ci sono cresciuta.

Un vento leggero

Non voglio sbilanciarmi in sentimentalissimi troppo ottimisti sul mio stato d'animo odierno. Il groviglio è sempre lì, quasi quasi ho paura a sfrugugliarlo, ma a fargli discreta compagnia c'è un vento leggero, fresco, che mi fa pensare ad alternative, nuovi ambienti, cose da fare, un futuro da costruire su misura.
Un pensiero tutt'altro che facile rispetto ai sacrifici che dovrò compiere, eppure, i pensieri nascono dalla pancia, vengono fuori genuini e mi attraggono verso l'orizzonte. Bello, vale la pena scriverlo, per ricordare che, nel pavé del sentiero verso il cambiamento, c'è anche questo.

Ho chiuso gli occhi sul letto di Maria, dopo un pranzetto insieme in una trattoria trasteverina qui dietro e una passeggiata al sole. Mi ha cullato la musica del suo ipod e ho volato leggera.
Mi sono svegliata come in un ventre materno, rilassata e al sicuro, non una molecola fuori posto. La musica ancora ad accogliermi.
Ecco,esistono momenti così, perfetti.