domenica 14 agosto 2011

Tempo da riempire

Ho sempre avuto paura del tempo.
Mi sembrava un contenitore di gomma, una di quelle cose strane che più le riempi e più si allargano, come se fosse un paio di misure troppo grande per me.
Per questo mi sono sentita una da azienda, da contratto full time, full energie, full life, full tutto.
L'idea che qualcuno mi aiutasse a riempire questo sacco enorme mi ha confortato, mi ha sollevato dalla responsabilità di doverlo fare da sola, che tanto non sarei mai stata capace io, che potevo metterci, i miei pochi desideri, i miei pochi bisogni, la mia poca voglia.
Mi prenderei a schiaffi.
Cosa mi è successo?
Che mi hanno fatto?
Oggi che non riesco a finire una serata con gli amici per tornare a casa a leggere quella cosa interrotta che continua a girarmi in testa, che devo scrivere prima che mi sfugga il pensiero, che mi sembra che il tempo non basti, che è già ora di cena, è già notte, chissenefrega che è notte chi l'ha detto che bisogna dormire.
Tempo mai stato così pieno da quando me ne sono riappropriata, no sbaglio: da quando me ne sono appropriata.
La risorsa più potente, capace di non farmi mancare una vacanza in quest'estate di rivoluzione, di non farmi mancare soldi, vestiti, lusso e frivolezze alle quali ero abituata, da cui credevo di dipendere, uno status dal quale non si scende, si può solo salire; questo mi dicevo per anestetizzarmi ancora.
Metteteci una pezza: le persone libere non si comprano, perché non si vendono.
L'isolamento è il premio.
E' vero, lo è.
Guarda qua, sono le 11,22 di questa domenica 14 agosto, Roma invasa dai turisti che fanno colazione a questo stesso mio bar, pronti per lanciarsi nella visita stordita della mia amata città semideserta, io a scrivere, qui seduta, incurante di tutto.
Questo per me significa essere felici.
Se mi fulminasse un colpo secco adesso, proprio qui, con le mani sulla tastiera del mac, la mia sarebbe stata una vita degna di essere vissuta.
Facciamoci due conti.

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