mercoledì 31 agosto 2011

Caffè e un biscotto, Darietto e simpatici colloqui

Era un po' che non lo facevo. Era un tipico risveglio trasteverino quello col caffè e un biscotto integrale davanti al mac a scrivere. Quante mattine, con la faccia ancora insonnolita, proprio come adesso, e una giornata intera che si staglia davanti piena di spazio per metterci cose, persone, idee, paure, problemi e soluzioni. Ho passato una delle estati più significative della mia vita così.
L'unica cosa che davvero mi è mancata da morire, nonostante il turbinio di cose, è stata Darietto, il mio cane. Darietto che adesso è qui, sul tappeto ai miei piedi, mi poggia le zampette sulla gamba, mi chiede un biscotto, che i croccantini a colazione gli fanno un po' schifo. Signori si nasce.
Per quasi due mesi Darietto non è stato con me, è rimasto dai miei, in campagna. L'hanno tenuto loro perché hanno capito che non ero in grado di prendermene cura nel modo in cui lui è abituato, con presenza e attenzioni amorevoli e costanti. Ma in quel momento io di presenza e attenzioni non riuscivo ad averne nemmeno per me, completamente frastornata, in balia del ciclone che ha stravolto il mio mondo.
Adesso però è qui con me, di nuovo, da due settimane circa, e lo adoro. Questo canetto è gioia pura, mette in moto la felicità. Anche adesso che siamo tornati a Ciampino, (postaccio orrendo) che tutto si è concluso, anche l'atto finale ha avuto luogo e bisogna ridare senso alle cose.
Settembre sarà questo. Dopo aver distrutto ogni cosa, demolita pezzo per pezzo, adesso ricostruisco, senza fretta, perché devo pensarci bene stavolta, voglio crearmi un posto dove sentirmi a casa. Non importa quanto tempo ci vorrà, voglio sentirmi a casa.
Ma dove eravamo rimasti?
Mi sono dimessa da direttore, ho lasciato l'ufficio e bye bye baby.
In questi giorni sto sostenendo dei colloqui, il primo ieri. Quando ti metti davanti ad un selezionatore dopo essertene andato da un altro posto la cosa che parla di più di te non è il curriculum, o quello che si dice riguardo la tua bravura, no. Parla il fatto che hai lasciato un progetto, un ruolo di responsabilità. Vogliono sapere perché, e non si accontentano di frasi generiche, scavano, vogliono la verità. E tu devi essere bravo a propinargliene una credibile, senza cedimenti, senza paura, una negoziazione sottile in cui il messaggio che deve arrivare dietro le tue educate parole di spiegazione è: ti conviene credermi, dammi retta.
Alla fine è andata così. Tre quarti di colloquio a studiarci, fra domande e risposte, e domande e altre domande per studiare la risposta e alla fine la risposta, quella definitiva, quella convincente. Quella che apre nuove porte.
Staremo a vedere. Fanno il loro lavoro, non posso biasimarli. Posso solo lasciarli fare perché non sanno che non sono loro lo scoglio più grande, che non sono per me i mostri che vorrebbero che vedessi. Ma loro non possono sapere la relazione fra le cose che ho in testa io, nè che questo passaggio è la coda di un'avventura in cui i veri draghi erano molto più grandi, avevano una bocca gigantesca piena di denti acuminati e sputavano fiamme dalla gola. Loro non sanno che per me rappresentano solo una necessaria, e nemmeno troppo fastidiosa trafila per formalizzare e concludere qualcosa di molto, molto più grande.

3 commenti:

  1. è il più bel commento di tutto il blog.
    Grszie infinite

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  2. Hai una grande volontà, vedrai che ti aiuterà nel futuro...

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  3. un futuro non troppo lontano spero...grazie

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