giovedì 4 agosto 2011

Cronaca ex post di una rapina alla Post

E' mentre ero sul motorino, stamattina presto, costeggiando un Circo Massimo deserto come può esserlo solo Roma all'alba di agosto, che mi ha raggiunto l'idea. Stavolta mi è arrivata così, davanti a quello spettacolo inedito ed emozionante, la percezione forte del momento che arriva, che adesso sei pronta.
Voglio parlare della rapina che ho subito in ufficio il 16 giugno di quest'anno.
E' dalla giusta distanza che si può parlare con cognizione delle cose.
Quindi adesso va bene.
Era il  16 giugno, per l'appunto, e la mia giornata lavorativa stava terminando con quell'operazione tanto fastidiosa quanto pericolosa che è il caricamento dell'ATM, il bancomat per capirci.
Un'operazione fatta così malvolentieri, per la macchinosità con cui ero costretta a farlo vista la logistica di quell'ufficio, e per la forte rischiosità che questo comportava, che la facevo il meno possibile, caricando quindi l'ATM al massimo ogni volta.
Tu pensi che, non effettuando il caricamento ogni giorno, ma decidendo di volta in volta senza alcuna regolarità nei giorni, nessuno possa immaginare quando avverrà.
Ma quando ti seguono da settimane, studiando ogni tua mossa, osservando chi apre, chi chiude, che giro fa, quanto ci mette e a che ora si inizia a muovere, beh allora arrivano anche a capire che quel giorno uscirai con due cassetti carichi di soldi e sarai sola nella sala pubblico, dopo l'orario di chiusura, con tutto il resto del personale al di là del vetro blindato.
Ed è proprio così che è andata.
Le porte dell'ufficio si aprono improvvisamente mentre io sono lì che armeggio con l'ATM ed entrano due ragazzi, casco jet in testa. Uno rimane sulla porta, monitorando le persone dietro al vetro e intimando loro di non muoversi, che nessuno si farà male. L'altro viene verso di me e, proprio come in una scena di Pulp Fiction, estrae dalla tasca interna della giacca una pistola che, con mezzo giro del braccio in aria, mi punta esattamente sul viso.
Ecco, possiamo fermarci qui per me.
Su quel mezzo giro del braccio e sulla canna della pistola che mi si ferma davanti agli occhi.
C'è stata tutta la mia vita in quel gesto.
Ho pensato "ecco, questo sicuramente è un tossico, uno che non ci sta con la testa, che adesso non capisce più niente e preme il grilletto, lasciandomi qui, stesa a terra in una pozza di sangue. E buonannotte. Bel modo del cazzo di morire. Chi me lo doveva dire a me che finiva così. Che assurdità"
Questo ho pensato, e ricordo perfettamente la sensazione delle mie labbra che si distendevano in un sorrisetto sarcastico, che fregatura. Con la vita davvero non ci puoi scommettere un centesimo, ti leva pure quello. E io che mi preoccupavo delle ferie estive, arrivarci ad agosto.
Dall'istante successivo è cambiato tutto.
Il rapinatore ha parlato e con molta calma mi ha detto di stare tranquilla, di non avere paura perchè lui voleva solo i cassetti con i soldi.
Cosa fai quando qualcuno ha in mano la tua vita e tu sai che la tua salvezza dipende solo dalle sue indicazioni?
Le segui, ovvio. Così ho fatto io: mi sono subito tranquillizzata.
Il resto è scandito da brevissimi momenti che si sono succeduti meccanicamente: lui si prende i cassetti, sale sullo scooter insieme a quell'altro e se ne vanno via.
Io rimango lì, improvvisamente mi accorgo dei dipendenti del mio ufficio dietro al vetro: chi piange, chi telefona, chi mi chiede come sto; una di loro è disperata e continua a ripetere: "no, Federica, no".
Le loro voci mi sembrano arrivare da lontano, nella mia testa è tutto ovattato ora, io sono altrove: sono dove sono rimaste le parole del rapinatore mentre lentamente abbassava la pistola "vogliamo solo i cassetti". Non volevano la mia vita, non se la sono presa. Si sono portati via ottantamila euro ma il bottino più grosso l'hanno lasciato a me.
Mi giro verso il vetro blindato, mi avvicino, busso sul vetro per richiamare l'attenzione della dipendente che continua a piangere e le dico: "Ehi, guarda che la rapina l'hanno fatta a me calmati, è tutto ok", e mi viene da ridere.
Qualcosa di me quel giorno è morta, ma non ne ho alcun rimpianto.

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