Certe volte la vita si concede delle piccole crudeltà gratuite. Crudeli proprio perchè gratuite. Le lascio scorrere per un puro principio di entropia. Che altrimenti ci sarebbe da incazzarsi di brutto.
E' che non ho voglia di dilungarmi ma ricordatevelo: entropia.
E' la chiave di tutto. Non serve opporsi, si fa solo una fatica bestia e in più si complicano le cose.
Entropia, sta stronza.
Meno male che a quest'ora ci sono le notifiche di Groupon ad allietare la nottata.
lunedì 29 agosto 2011
sabato 27 agosto 2011
EROTICO: creatività totale
Sì lo so che sei stanca. Ho capito tutto, non c’è bisogno che mi spieghi ancora, te lo sei detto mille volte. Non ti ci ritrovi in questo modo, non fa per te.
Certo che è squallido, secondo il tuo punto di vista, ovvio. Si tratta della tua sensibilità. E’ vero che è difficile da capire, soprattutto se non lo vivi in prima persona, come no.
Ma non fartene un cruccio per questo, mica è una disgrazia eh...eccheccavolo.
Siete solo diverse.
Lei è così, adesso ha scelto di vivere così.
Se non ti sta bene puoi anche non andarci lì da lei, o no? Dove sta scritto che la devi frequentare se quello che fa ti sembra così assurdo.
Da nessuna parte, appunto.
Hai bisogno di andare lì perchè a casa tua non c’è l’ADSL e devi lavorare? Allora adattati, non ci pensare a quello che avviene su quel letto, pensa a lavorare.
Se sedertici ti fa venire i brividi, allora siediti sul divano.
E’ un divano letto perchè vive in un monolocale? Usa una sedia.
Che poi, dai, mica adesso vorrai convincermi che non ci hai mai pensato anche tu?
Io dico che, almeno una volta, alla fine dei suoi racconti, ti sei chiesta come sarebbe se lo facessi pure tu.
Scommetto che ti sei immaginata in una situazione simile, o forse te ne sei costruita una ad hoc, che la fantasia non ti manca a te, e ti sei lasciata andare. Ti sei anche bagnata.
Dai non arrossire adesso lo sai che a me puoi dirlo, ti sei bagnata. Vero? O magari sei corsa a casa a toccarti, che sei diventata brava adesso, hai capito come ti piace, conosci i punti, ti muovi bene, proprio bene.
Ricordi? All’inizio ti vergognavi, ti sembrava di fare una cosa sporca, non ti piaceva vederti così, cancellavi tutto alla svelta con fastidio, portandoti via anche la scia di quel piacere rubato.
Non come adesso, adesso è diverso. Sei così bella quando rimani distesa abbandonata sul letto, con gli occhi aperti a fissare il vuoto, il respiro affannoso, leggermente sudata, i capelli appiccicati alla fronte e quel sorriso lì, appena accennato sul viso completamente disteso, ancora immerso nelle tue storie. Rubate. Quelle ancora rubate, sì.
Ti piace appropriarti di storie che nessuno conoscerà mai. E’ questa l’essenza della tua sensualità. E’ per questo tuo mistero inaccessibile che le persone si perdono nel tuo sguardo; uomini e donne indistintamente, alla ricerca di una qualche verità, di una risposta. Una chiave per decifrare i tuoi desideri.
Questa è l’unica strada che conosci.
Lei invece le storie le vive e le racconta. E’ questo che ti infastidisce? Che sia tutto così esplicito? Che non ci sia neanche un dettaglio lasciato all’immaginazione, alla fantasia, che sia tutto sovraesposto, nitido, definito. Ti fa paura questo lo so, perchè a te le linee di contorno hanno sempre fatto paura, tu che fuggi dalle definizioni, che ti rintani nei mezzi toni, nella semioscurità, che cerchi la penombra. Tu che però non rinunci a vedere. Anche se spesso, troppo spesso ormai, guardi con gli occhi della tua fantasia.
Come ieri.
Cosa hai pensato quando l’hai visto e lui ti ha agganciato con il suo sguardo scuro, cosa?
Non ti ha lasciato scampo, non c’è stata una scusa, nessun terreno su cui poggiare il piede nel consueto passo indietro. Ti ha inchiodata con le spalle al muro, e ti è piaciuto.
Avresti potuto appellarti a tutte le tue ragioni e filosofie. Non l’hai fatto.
E non l’hai fatto neanche quando si è avvicinato, così vicino, troppo vicino, a pochi centimetri dalle tue labbra, per parlarti e dirti che non ti aveva mai vista a nessuna della sue mostre, che ormai bene o male le facce sono sempre quelle, artisti, critici, curatori, galleristi, amici. Ma questa amica di amici non l’aveva mai vista, se ne sarebbe ricordato.
Com’è stato sentire il cuore che ti schizzava in gola? Hai avuto paura che se ne accorgesse, che scoprisse il tuo rossore in quelle luci soffuse, che vedesse la tua pelle alzarsi e abbassarsi pulsata dal tuo cuore impazzito. Senza che avessi il tempo di costruirti una corazza di disinvoltura, di puntargli gli occhi in faccia, che tu non hai paura.
No. Hai solo potuto avvertire il calore del suo fiato vicino alla tua faccia e ti è piaciuto, tanto. Lo sguardo è andato giù, si è abbassato docilmente come quello di un animale che ammette la resa e mostra la gola, pronto a farsela azzannare. Hai posato i tuoi occhi sul suo di collo, così forte con la pelle olivastra, scura. Avevi sentito che era appena tornato da Santiago, lui, pittore cileno dal nome romantico e intenso, proprio come la sua bocca, con quelle labbra carnose, così sensuali.
Intorno, la sala gremita di persone, avvolti in un chiacchiericcio che solo in quel momento hai percepito come elemento di disturbo. Era stato come una nuvola colorata quando sei arrivata, ti aveva avvolto allegro come uno sciame di farfalle e ti eri fatta trasportare, di quadro in quadro, salutando qualcuno di tanto in tanto, scambiando cenni di intesa con lei che chiacchierava con quel tipo, sbirciando il tavolo del buffet per vedere se le cavallette avevano lasciato qualcosa. E così gli sei praticamente finita tra le braccia. Se avessi inciampato finendo su uno dei suoi quadri ti saresti sentita meno in fallo.
Ma adesso è tardi per pensarci. Adesso che le sue mani si sono infilate sotto la tua camicetta e ti stanno sfiorando il seno, lo stanno stringendo. Adesso che scendono sui fianchi prendendoti in una morsa, contro di lui, dove una prominenza dura ti avverte che ti sei appena trasformata nella sua preda.
Le sue labbra, quelle labbra così belle sono calde, umide, la saliva ha un buon sapore e tu le mordi, le lecchi e le succhi proprio come un animale affamato.
E’ così, sei affamata di quello da cui fuggi ogni giorno.
Lo prendi e lo stringi forte a te, immagini di sentirlo dentro, pregusti il movimento appassionato di quel cileno caliente e già ti manca il respiro all’idea ed è allora che accade quello che non ti aspettavi. Lui si inginocchia, sì, si inginocchia proprio davanti a te, come uno schiavo implorante. Ti solleva la gonna, dolcemente, accarezzandoti le gambe con le sue mani venose di pittore. Senti la sua bocca sulle tue gambe, baci caldi, la lingua che esplora sempre più su e le dita che la accompagnano fino a sfilare gli slip, una gamba, poi l’altra.
Ed è allora che tutto si è confuso, si è perso cullato dal movimento della sua lingua dentro, e fuori, e dentro. Dalle dita che l’accompagnavano, la guidavano, le facevano spazio.
Adesso esplode, hai pensato, adesso mi esplode il cuore in testa. Un’eruzione di piacere trattenuta a stento dalla sua mano sulla tua bocca, i vostri occhi affrontati come i leoni di San Marco che vedi incisi sulla colonna della galleria, in alto. Le sue labbra ancora bagnate di te.
Le gambe e le braccia vuote, la testa vuota, il cuore impazzito, in quel luogo estraneo.
Lo vedi allontanarsi e tutto vacilla intorno a te.
Torni fra la gente, lo sciame di farfalle ha lasciato il posto ad un nugolo composto di persone che sembrano sapere, raggiungi lei che appena ti vede ti travolge di parole, perchè stasera dovrai tornare da sola che lei ha preso un impegno, e sorride ammiccante, sì, proprio lui, quel tipo lì, carino eh? Poi ti racconto tutto.
Poi ti racconterà tutto. E tu continuerai a non capire, a chiederti che senso abbia quel feroce concedersi. Che ognuno deve riprendere il proprio ruolo.
Ti giri e lui è proprio di fronte a te, ti porge un bicchiere di vino, rosso naturalmente.
Come ti chiami? Non ti ho mai vista da queste parti, sei amica di qualcuno?
Ha delle belle labbra, una bella pelle olivastra, deve essere sudamericano, si sente anche dall’accento spagnoleggiante. Sei tu l’artista? E’ tua la mostra vero? Sì, sono i miei quadri questi, benvenuta. Se ti va te li mostro, così ti spiego un po’ di che si tratta.
Il piacere in una storia rubata, sei ancora bagnata, lo guardi, occhi neri e intensi e un’intimità già profanata dalla tua fantasia, la tua storia rubata, ma questa volta, vedrai che finirai col restituirgliela.
Certo che è squallido, secondo il tuo punto di vista, ovvio. Si tratta della tua sensibilità. E’ vero che è difficile da capire, soprattutto se non lo vivi in prima persona, come no.
Ma non fartene un cruccio per questo, mica è una disgrazia eh...eccheccavolo.
Siete solo diverse.
Lei è così, adesso ha scelto di vivere così.
Se non ti sta bene puoi anche non andarci lì da lei, o no? Dove sta scritto che la devi frequentare se quello che fa ti sembra così assurdo.
Da nessuna parte, appunto.
Hai bisogno di andare lì perchè a casa tua non c’è l’ADSL e devi lavorare? Allora adattati, non ci pensare a quello che avviene su quel letto, pensa a lavorare.
Se sedertici ti fa venire i brividi, allora siediti sul divano.
E’ un divano letto perchè vive in un monolocale? Usa una sedia.
Che poi, dai, mica adesso vorrai convincermi che non ci hai mai pensato anche tu?
Io dico che, almeno una volta, alla fine dei suoi racconti, ti sei chiesta come sarebbe se lo facessi pure tu.
Scommetto che ti sei immaginata in una situazione simile, o forse te ne sei costruita una ad hoc, che la fantasia non ti manca a te, e ti sei lasciata andare. Ti sei anche bagnata.
Dai non arrossire adesso lo sai che a me puoi dirlo, ti sei bagnata. Vero? O magari sei corsa a casa a toccarti, che sei diventata brava adesso, hai capito come ti piace, conosci i punti, ti muovi bene, proprio bene.
Ricordi? All’inizio ti vergognavi, ti sembrava di fare una cosa sporca, non ti piaceva vederti così, cancellavi tutto alla svelta con fastidio, portandoti via anche la scia di quel piacere rubato.
Non come adesso, adesso è diverso. Sei così bella quando rimani distesa abbandonata sul letto, con gli occhi aperti a fissare il vuoto, il respiro affannoso, leggermente sudata, i capelli appiccicati alla fronte e quel sorriso lì, appena accennato sul viso completamente disteso, ancora immerso nelle tue storie. Rubate. Quelle ancora rubate, sì.
Ti piace appropriarti di storie che nessuno conoscerà mai. E’ questa l’essenza della tua sensualità. E’ per questo tuo mistero inaccessibile che le persone si perdono nel tuo sguardo; uomini e donne indistintamente, alla ricerca di una qualche verità, di una risposta. Una chiave per decifrare i tuoi desideri.
Questa è l’unica strada che conosci.
Lei invece le storie le vive e le racconta. E’ questo che ti infastidisce? Che sia tutto così esplicito? Che non ci sia neanche un dettaglio lasciato all’immaginazione, alla fantasia, che sia tutto sovraesposto, nitido, definito. Ti fa paura questo lo so, perchè a te le linee di contorno hanno sempre fatto paura, tu che fuggi dalle definizioni, che ti rintani nei mezzi toni, nella semioscurità, che cerchi la penombra. Tu che però non rinunci a vedere. Anche se spesso, troppo spesso ormai, guardi con gli occhi della tua fantasia.
Come ieri.
Cosa hai pensato quando l’hai visto e lui ti ha agganciato con il suo sguardo scuro, cosa?
Non ti ha lasciato scampo, non c’è stata una scusa, nessun terreno su cui poggiare il piede nel consueto passo indietro. Ti ha inchiodata con le spalle al muro, e ti è piaciuto.
Avresti potuto appellarti a tutte le tue ragioni e filosofie. Non l’hai fatto.
E non l’hai fatto neanche quando si è avvicinato, così vicino, troppo vicino, a pochi centimetri dalle tue labbra, per parlarti e dirti che non ti aveva mai vista a nessuna della sue mostre, che ormai bene o male le facce sono sempre quelle, artisti, critici, curatori, galleristi, amici. Ma questa amica di amici non l’aveva mai vista, se ne sarebbe ricordato.
Com’è stato sentire il cuore che ti schizzava in gola? Hai avuto paura che se ne accorgesse, che scoprisse il tuo rossore in quelle luci soffuse, che vedesse la tua pelle alzarsi e abbassarsi pulsata dal tuo cuore impazzito. Senza che avessi il tempo di costruirti una corazza di disinvoltura, di puntargli gli occhi in faccia, che tu non hai paura.
No. Hai solo potuto avvertire il calore del suo fiato vicino alla tua faccia e ti è piaciuto, tanto. Lo sguardo è andato giù, si è abbassato docilmente come quello di un animale che ammette la resa e mostra la gola, pronto a farsela azzannare. Hai posato i tuoi occhi sul suo di collo, così forte con la pelle olivastra, scura. Avevi sentito che era appena tornato da Santiago, lui, pittore cileno dal nome romantico e intenso, proprio come la sua bocca, con quelle labbra carnose, così sensuali.
Intorno, la sala gremita di persone, avvolti in un chiacchiericcio che solo in quel momento hai percepito come elemento di disturbo. Era stato come una nuvola colorata quando sei arrivata, ti aveva avvolto allegro come uno sciame di farfalle e ti eri fatta trasportare, di quadro in quadro, salutando qualcuno di tanto in tanto, scambiando cenni di intesa con lei che chiacchierava con quel tipo, sbirciando il tavolo del buffet per vedere se le cavallette avevano lasciato qualcosa. E così gli sei praticamente finita tra le braccia. Se avessi inciampato finendo su uno dei suoi quadri ti saresti sentita meno in fallo.
Ma adesso è tardi per pensarci. Adesso che le sue mani si sono infilate sotto la tua camicetta e ti stanno sfiorando il seno, lo stanno stringendo. Adesso che scendono sui fianchi prendendoti in una morsa, contro di lui, dove una prominenza dura ti avverte che ti sei appena trasformata nella sua preda.
Le sue labbra, quelle labbra così belle sono calde, umide, la saliva ha un buon sapore e tu le mordi, le lecchi e le succhi proprio come un animale affamato.
E’ così, sei affamata di quello da cui fuggi ogni giorno.
Lo prendi e lo stringi forte a te, immagini di sentirlo dentro, pregusti il movimento appassionato di quel cileno caliente e già ti manca il respiro all’idea ed è allora che accade quello che non ti aspettavi. Lui si inginocchia, sì, si inginocchia proprio davanti a te, come uno schiavo implorante. Ti solleva la gonna, dolcemente, accarezzandoti le gambe con le sue mani venose di pittore. Senti la sua bocca sulle tue gambe, baci caldi, la lingua che esplora sempre più su e le dita che la accompagnano fino a sfilare gli slip, una gamba, poi l’altra.
Ed è allora che tutto si è confuso, si è perso cullato dal movimento della sua lingua dentro, e fuori, e dentro. Dalle dita che l’accompagnavano, la guidavano, le facevano spazio.
Adesso esplode, hai pensato, adesso mi esplode il cuore in testa. Un’eruzione di piacere trattenuta a stento dalla sua mano sulla tua bocca, i vostri occhi affrontati come i leoni di San Marco che vedi incisi sulla colonna della galleria, in alto. Le sue labbra ancora bagnate di te.
Le gambe e le braccia vuote, la testa vuota, il cuore impazzito, in quel luogo estraneo.
Lo vedi allontanarsi e tutto vacilla intorno a te.
Torni fra la gente, lo sciame di farfalle ha lasciato il posto ad un nugolo composto di persone che sembrano sapere, raggiungi lei che appena ti vede ti travolge di parole, perchè stasera dovrai tornare da sola che lei ha preso un impegno, e sorride ammiccante, sì, proprio lui, quel tipo lì, carino eh? Poi ti racconto tutto.
Poi ti racconterà tutto. E tu continuerai a non capire, a chiederti che senso abbia quel feroce concedersi. Che ognuno deve riprendere il proprio ruolo.
Ti giri e lui è proprio di fronte a te, ti porge un bicchiere di vino, rosso naturalmente.
Come ti chiami? Non ti ho mai vista da queste parti, sei amica di qualcuno?
Ha delle belle labbra, una bella pelle olivastra, deve essere sudamericano, si sente anche dall’accento spagnoleggiante. Sei tu l’artista? E’ tua la mostra vero? Sì, sono i miei quadri questi, benvenuta. Se ti va te li mostro, così ti spiego un po’ di che si tratta.
Il piacere in una storia rubata, sei ancora bagnata, lo guardi, occhi neri e intensi e un’intimità già profanata dalla tua fantasia, la tua storia rubata, ma questa volta, vedrai che finirai col restituirgliela.
venerdì 26 agosto 2011
VORREI PROVARE L'ORGASMO FRA LE ALI DI UN ANGELO, CURIOSITA'.
Jim Morrison
giovedì 25 agosto 2011
mercoledì 24 agosto 2011
Il rumore della felicità

Io non credevo che questa felicità fosse così.
Avevo immaginato che sarei corsa gridando dritta dritta in mare tutta vestita.
Pensavo che mi sarei ubriacata, avrei riso, detto a tutti quanto ero felice per avercela fatta, per aver sconfitto i mostri, fino all'ultimo, per aver compiuto questa impresa.
E invece no.
C'è un luogo di calma assoluta dentro di me, al centro del caos di 37 anni di vita. Un luogo di immobilità e silenzio dove il cuore pulsa calmo, senza sussulti, dove tutti i rumori sono ovattati, da dove le voci dall'esterno arrivano lontane, i visi esasperati delle persone intorno a me non mi riguardano.
Li guardo, li ascolto: è una serata di fine agosto e siamo tutti al mare. Sono simpatici gli amici di Maria, vecchi compagni di scuola che hanno accolto anche me come una di loro. Sono davvero simpatici, di quella simpatia genuina che ti strappa vere risate di cuore.
Nessuno sa cosa ho fatto oggi. Una ragazza ha provato a chiedermi cosa faccio nella vita, sono già un paio di volte che me lo chiede ma io eludo la domanda, adesso mi sembra impossibile rispondere. Sì perché dovrei dirle che io nella vita inseguo la felicità, vado a caccia di stelle e affronto i draghi per catturare quelle più splendenti. Stasera le risponderei così e capisco che non sia il caso.
Resto seduta sulla panca di legno del tavolo sulla spiaggia. Di fronte a me ridono, ad alta voce, si raccontano cose, riportano fatti e parole, i toni mi sembrano leggermente sopra le righe a volte. Forse è il vino, forse il caldo, forse solo le maglie delle catene che stringono e ti portano ad agitarti per respirare. Forse questo è solo un momento in cui cercano di non pensare al risveglio di domani, in cui cercano di lasciare da parte i problemi di lavoro o di relazione che comunque invadono i loro discorsi, senza volerlo.
Li guardo, mi bevo il mio di vino, così fresco, e sono felice di essere presente a me stessa, felice dello spazio che occupo, del silenzio discreto con cui esplodo di gioia. Io che li guardo e mi riconosco nei loro discorsi, nelle loro facce, che ricordo quante volte ho avuto bisogno di essere al centro di qualcosa per non dovermi specchiare nella mia insoddisfazione. Io stasera me ne sto all'angolo, perché ho scoperto questa cosa meravigliosa che quando sei davvero felice non lo gridi, non lo sbandieri, non serve e forse non è nemmeno utile che è una cosa solo tua, da gustarti lentamente insieme a questo vino. Ti accorgi che al mondo esiste un posto giusto, perfetto, tagliato su misura in cui puoi stare comoda e raccolta senza urtare nessuno, dove nessuno urta te. Dove puoi accavallare le gambe, portarti il bicchiere alle labbra, fare una battuta che provoca uno scoppio di risa nella gente, sorseggiare il tuo vino e goderti lo spettacolo davanti a te. E nessuno verrà a dirti che lo spettacolo è finito, o che c'è un biglietto da pagare, no.
E' una serata bellissima, sono serena.
Qualcuno fa volare una specie di piccola mongolfiera di carta di riso che non so chi ha regalato a chi e perché. Mi siedo sulla sabbia con Darietto vicino e la guardiamo gonfiarsi e sollevarsi in aria. Qualcuno grida: "Esprimete un desiderio presto!" La vedo sollevarsi, prendere il volo e diventare sempre più piccola, fino a diventare un puntino luminoso che sembra una stella, poi scompare.
Io il mio pensiero l'ho sussurrato piano. Le stelle lo conoscono già, è un commosso grazie, dal profondo del mio cuore.
lunedì 22 agosto 2011
Il punto della situazione
I giorni sono passati, di cose ne sono accadute tante e di parole ne scorrono a fiumi.
Forse non guasta un piccolo punto della situazione.
Punto della situazione è una di quelle terminologie che odio (insieme ad arsura, valore aggiunto e bomboniera riferito ad un'abitazione) perché mi ricordano inutili e lunghe riunioni in ufficio a parlare di niente, ma necessarie a giustificare persone e tempo impiegati in azienda.
Cercherò quindi di rendere questo punto della situazione qualcosa di utile.
Mi soffermerei innanzitutto sul perché esiste questo, che vorrei ricordare, non è un blog, ma un contenitore di idee che solo apparentemente possono non avere senso, in realtà ce l'hanno, eccome.
Alcuni post fanno parte di quello che sarà un libro, sono stralci lanciati nel web per condividere un viaggio e sentire se regala a tutti lo stesso sapore.
Servono anche per farvi conoscere qualcosa di più di Federica e del suo viaggio.
Il viaggio del cambiamento più difficile ed eccitante della vita. Quello che per anni hai solo potuto immaginare nei tuoi sogni più azzardati, quelli che ti lasciano un languore proprio alla bocca dello stomaco, perché sai che non potranno mai entrare nella sfera del realizzabile.
Un cambiamento che se da una parte penso che vorrebbe la maggior parte delle persone, dall'altra non credevo che fossero così in tanti ad aver messo in atto.
Sto parlando di un semplicissimo cambio di lavoro. Anzi no, mi correggo. Parlo di un cambio di modo di lavorare, di concepire il lavoro, il suo rapporto con il tempo e la vita.
Un processo lancinante quando vivi imprigionato in quella gabbia dorata che è un contratto full time a tempo indeterminato, che solo oggi mi rendo conto essere pari ad un ergastolo; fine pena: mai.
Lo insegui per una vita, pensa te.
La società, i media, i politici (quelli che si spacciano come tali) i genitori, tutti ti convincono che se non ce l'hai sei un emarginato, una zavorra sociale.
E così tu sei lì che implori aziende di incarcerarti e buttare via la chiave, che per pane e acqua tu sei pronto a starci tutta la vita a fare qualunque cosa, non importa se hai studiato anni per realizzare una passione, fa niente, facciamo tutto, siamo pronti.
O almeno così crediamo.
A me è successo questo, ma fortunatamente poi è successo anche altro.
Spesso ci vuole un evento esterno e aleatorio per rimettere tutto in gioco.
Ci vuole l'evento e tu che lo acchiappi al volo e ne cavalchi l'onda, che prima o poi tanto devi buttarti se vuoi metterti in salvo.
Il mio è stata la rapina del 16 giugno.
Sono riuscita a ricavarmi il tempo di cui avevo bisogno per fare chiarezza nella mia vita e gettare le basi del mio futuro. Per condividere un progetto con le persone che vorrei ne facessero parte e aprirmi una strada verso il mio orizzonte di sempre.
A breve l'ultimo passo: la mia misura di downshifting, la richiesta di un part-time verticale per poter compiere un altro passo in sicurezza, salvaguardando il valore del mio tempo che non voglio più prostituire e mantenendo insieme la mia indipendenza.
L'ultimo passo non sarà semplice. Devono realizzarsi due cambiamenti: uno nella posizione lavorativa (se non faccio più il Direttore cosa mi metteranno a fare?) e uno nella forma del contratto di lavoro (da full a part time, con modalità e durata da concordare). Il tutto avverrà con estrema probabilità in un clima di forte ostilità nei miei confronti, perché è chiaro che il tuo padrone non vede di buon grado che tu, gallina dalle uova d'oro, smetta di covare.
Una volta che il passo lo fai e poi ti guardi indietro, è proprio come dicono, ti sembra tutto lontano, quasi non riesci a credere di averci messo tanto, di aver fatto tanta fatica a decidere, di aver provato tutti quei sensi di colpa, tutta quella paura, quell'ansia, di non aver dormito la notte…eppure è stato proprio così, e sono contenta di averlo scritto perché altrimenti l'avrei dimenticato e invece va ricordato, perché sia patrimonio di tutti, di chiunque voglia darsi l'opportunità di credere che essere felici sia possibile.
Domani il grande passo, domani mattina. Sono nervosa, stanca, ma per fortuna ho un pacchetto pieno di sigarette e la mia voluta solitudine di questa sera.
Fine del punto della situazione.
Prossimi passi: avanti tutta.
Umore: buono.
Vento: per ora in poppa, prepararsi alla bolina, ma siamo armati fino ai denti.
Saluti a tutti
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