domenica 31 luglio 2011


Perchè questo non è un blog

Questa è una confessione.
E' l'apologia di una scelta di ribellione contro chi crede di avere il coltello dalla parte del manico e vuole convincerti che te lo tiene puntato sul cuore, pronto a trafiggerti al primo segno di dissenso.
E' la cronaca di una rivoluzione silenziosa messa in ombra dalla paura, dal gran vociare di televisione e giornali che vedono un nanetto, uscito da una canzone di De Andrè, un piccolo scarafaggio con il cuore troppo vicino al buco del culo, che considera chi non ha un lavoro a tempo pieno un poveraccio, un cretino, la feccia della società.
Uno schiavo che dal basso (è un fatto fisico) della sua mediocrità pensa di dettare legge, di definire regole per muoversi in un mercato del lavoro che affossa sempre di più, che sforna individui che non producono ricchezza per il paese, ma servono ad alimentare le costose perversioni di chi ci governa.
Io potrei tranquillamente considerarmi una di queste persone.
Io sarei amata da Brunetta probabilmente: sono una dipendente delle Poste, ho una posizione di responsabilità nell'azienda, guadagno bene, sono stabile, produco risultati che si traducono in fatturato per l'azienda.
E mi sento una cretina. Sono io la cretina non quelli a cui si è rivolto lui ieri. Persone coraggiose che invece di andarsene al mare, visto che tanto non lavorano, sono andati a contestarlo.
Le armi di chi si sente bersagliato da parole infamanti come quelle sono la contestazione di massa, un muro di persone che possono contare solo sul numero, per mostrare che non è uno, sono centomila, segno che c'è qualcosa che non funziona a livello strutturale in questo paese.
Io tra quelle persone non ci posso stare, perché sto dall'altra parte della barricata.
Ed eccola, la mia confessione: ragazzi si sta da schifo qui. Non vale la pena vendersi per così poco. Ci rubano il tempo, ce lo pagano sottocosto e ci tolgono la libertà di rendere quello che davvero potremmo se solo facessimo quello per cui abbiamo studiato magari, o anche solo ciò per cui siamo portati.
Produciamo poco in troppo tempo. Viviamo in una gabbia di regole e procedure obsolete e inutili, dispersive in termini di tempo ed energie.
Dove se sei antipatico a qualcuno, e se dimostri di essere bravo stai tranquillo che quel qualcuno lo trovi, o se sei troppo simpatico, rischi grosso.
Posto in cui ti persuadono che la serenità te la dia la cifra in fondo alla tua busta paga.
Guardate che questo lo sanno fare bene, ti ci convincono davvero, ma siccome sono degli asini non hanno pensato anche a cambiarti l'espressione del viso.
Quella è sfuggita alla loro azione e sola rimane a gridare quanto siamo spenti, stanchi davanti al passare rassicurante di una vita senza dignità.
Non so se tutti abbiano un'alternativa di vita. Probabilmente sì, ma come me, l'hanno chiusa nel cassetto dei sogni dimenticati.
Io quel cassetto ho deciso di aprirlo, l'ho aperto e con molto orgoglio dico all'onorevole Brunetta che Federica Albanesi se ne va in mezzo ai cretini.
Attento però che in azienda io ci sono cresciuta.

Il mio CUORE

Questioni che finora ho lasciato fuori da questa storia, perché ho pensato che questa fosse la storia di un'altra sfera della mia vita, come se davvero si potessero fare delle distinzioni a livelli così profondi di noi stessi.
Ma i sogni che tormentano il mio sonno in queste notti non la pensano allo stesso modo, e sono venuti a dirmelo a chiare lettere, dritto per dritto.
Eh sì, perché se sono arrivata a questo punto è anche per merito di Stefano, della mia storia con lui.
Stefano è un musicista, uno che ha scelto in tenera età che la musica era la sua vita e, con un percorso del tutto personale, ha sempre perseguito il suo obiettivo. Ad oggi scrive ed esegue musica in un modo originalissimo e molto apprezzato, seppure in un settore di nicchia come quello della musica acustica strumentale. Per me è sempre stato, ed è, un chitarrista meraviglioso.
Oltre a questo, da quando l'ho conosciuto, è stato l'unico amore della mia vita.
Abbiamo avuto una storia intensa e tormentata, fatta di grande passione, di forte intesa in alcuni momenti, di stima profonda e grande attrazione fisica, ma allo stesso tempo di gelosie assurde, incomprensioni, chiusure che alla fine non hanno più potuto prospettare un futuro davanti a noi.
La mia personale sensazione rispetto a questo era che in molti casi avevo sbagliato è vero, soprattutto nelle fasi iniziali del nostro rapporto, quando invece era più aperto lui verso di me, ma mentre io da quegli sbagli avevo capito quanto lo amavo e avrei voluto dimostrarglielo vivendo pienamente la nostra storia, lui, se da un lato mi teneva ancora vicina a lui, dall'altro aveva chiuso le porte del suo cuore, relegandomi al margine della sua vita, tagliata fuori da una quotidianità sulla quale si costruisce una vita a due.
Una inarrestabile e dolorosa deriva verso la fine.
La mia testa lo ha accettato, il mio cuore ha continuato a scalpitare esigendo di tornare da lui, per sempre.
Ma questo non è l'unico segno che Stefano ha lasciato nella mia vita.
C'è l'esempio, il confronto quotidiano con una persona che si sveglia e ride, perché fa quello che è la sua vocazione. Senza soldi spesso, ancora nella casa di famiglia, poche responsabilità, ma erano gli occhi e quello che dicevano a contare veramente.
Gli occhi di Stefano hanno la luce della vita.
Io quegli occhi me li sono sempre portati dentro, con reazioni emotive alterne.
Nella maggior parte dei casi ero talmente felice per lui che questo mi bastava, anche se la mia vita non era il massimo che avessi sognato per me c'era comunque la sua, così bella da sostenere, per cui impegnarsi anche ad organizzare il primo concerto della mia vita in teatro, un successo incredibile, mai vissuta una gioia così.
Altre volte però i suoi occhi mi mettevano a diretto confronto con la mia vita, con i miei sogni, le mie ambizioni vere, e quello che succedeva non era bello.
Una sollecitazione troppo forte probabilmente, per la quale non ero pronta, perché che ci piaccia o no, per ogni cosa c'è il momento giusto.
E quindi rabbia, frustrazione, magre consolazioni basate sulla mia indipendenza e stabilità economica che spesso finivano per riversarsi anche su di lui, quasi a volergli dimostrare che ero meglio io, con i miei sacrifici, il mio senso del dovere,la mia forte responsabilità.
La storia è finita. I suoi occhi hanno continuato a tenermi compagnia. Giorno dopo giorno, quando ormai da mesi faccio i conti solo con me stessa, ho imparato a dialogare con loro, a permettergli di dirmi le cose che non volevo sentire.
Il resto ormai è scritto, le mie scelte e quello che le ha circondate.
Ma adesso anche con questi occhi devo fare i conti, e siccome non mi sentivo pronta, invece che dire addio ho cercato di riavvicinarmi a lui, per dirgli a modo mio grazie e scusa, non avevo il coraggio di staccarmi da quella vita per essere felice, abbiamo pagato per questo, ma alla fine ce l'ho fatta.
Solo che il mio cuore ha ricominciato a battere troppo forte per quel contatto, e allora, nuovamente incapace ad accettare, a credere che il nostro amore non esista più, è ricorso ai sogni per darmi pace.
Gli incubi delle notti scorse, e di questa, hanno accompagnato una Federica riluttante verso la porta.
Stanotte, incidenti stradali nei miei sogni e animali feriti, sanguinanti, senza possibilità di sopravvivenza se non a condizioni indegne del nome vita. E allora io, proprio io, ho chiesto che venissero uccisi, che finisse quell'agonia inutile, che quella non era vita.
Il risveglio mi ha portato a scrivere di Stefano qui, per quello che dovrà essere, il mio amore grande che mi ha aiutato a compiere un passo fondamentale. Un amore sacrificato per questo, che mi rimarrà sempre nel cuore, insieme alla sua musica.
Un amore trasformato in agonia, che forse adesso è ora che termini la sua metamorfosi divenendo un magnifico ricordo. Forse.

InCuBi

Speravo proprio di non doverli più menzionare in questa storia. Ero anzi abbastanza sicura che, una volta compiuto il passo, tutto si sarebbe normalizzato e io mi sarei rasserenata. Che poi, nelle ore diurne, è più o meno così. A parte qualche telefonata di ordinaria amministrazione non sto vivendo affatto giornate pesanti, stressanti. Anzi, sto facendo esattamente quello che vorrei fare, per sempre.
E allora perché la notte sogno cose così mostruose?
Perché mi sveglio col cuore in gola, spaventata come una bambina di tre anni e infreddolita come se fosse dicembre?
Spalanco gli occhi, mi rendo conto che è solo un sogno, e invece che sentirmi sollevata mi arrabbio, mi infurio con questo mostro che non si palesa con me, che mi attacca subdolamente, mi coglie alle spalle come un infame quando dormo, quando non posso difendermi.
Vorrei dirgli di venire fuori, di uscire da quel buco nero in cui si è nascosto e di farsi guardare in faccia, che non mi fa paura.
Ma nella stanza non si muove niente, si sente solo il passaggio di qualche macchina o la voce di qualche turista che alle 4 di notte gira ubriaco per Trastevere.
E io rimango così, al centro di un letto che improvvisamente mi appare troppo grande per me, così sola sopra l'impronta di una scarpa gigantesca, l'orma di un gigante e le sue enormi falcate.
O forse no, forse è solo il grande, enorme passo di una sola persona. Di una persona sola forse, perché certi momenti puoi solo viverteli da solo, è l'unico modo per imprimerli sulla tua pelle e non farli lavare via dalla pioggia.
Possono esserci migliaia di persone vicino a te durante il giorno: a consigliarti, a supportarti, anche solo a farti ridere o a prepararti da mangiare che se fosse per te ti scorderesti pure quello. Ma quando il circo finisce e si spengono le luci sei solo. E solo allora ti rendi veramente conto di quanto è tutto enormemente importante e fragile. Solo allora ti misuri con la forza che ti è rimasta, pregando di non sentirti mai stanco, che non ti molli proprio ora, che devi andare fino in fondo. Ti senti solo davanti al mondo e, se non sei un idiota, ti rendi conto che potresti anche fallire.
Eccolo il drago. Non ci è voluto molto a scovarti.

Jim Morrison

VORREI PROVARE L'ORGASMO FRA LE ALI DI UN ANGELO, CURIOSITA'

Hinc sunt leones

http://www.youtube.com/watch?v=N8xVf_X-Ou0

Esiste una linea molto sottile che separa un'intenzione da un'azione concreta.
E' talmente sottile che sembra quasi impercettibile il suo superamento.
Tutt'altro.
E' un piccolo,  distinguibilissimo click. Non puoi sbagliarti. Può essere una parola, il tasto di invio di una mail, una porta chiusa, un "sì".
Un breve attimo che ti porta al di là di quella linea immaginaria, che ti sposta dal potenziale all'effettivo, al reale.
Benvenuto nella tua vita.
Ora ci sei, anche se volessi tornare indietro, non troveresti ciò che hai lasciato perché ogni azione produce reazioni, lascia segni. E questa è la prima azione della tua vita, l'ultima di ciò che eri ieri.
Wellcome to the moon…..

La mia azione ha concluso una sequenza che mi ero prefissata per rendere il 25 luglio il mio giorno della Liberazione.
Ho quindi deciso che come prima cosa sarei andata a firmare la mia lettera di promozione, e poi avrei messo in atto la mia rinuncia all'incarico, dopodiché sarei andata dall'estetista a coccolarmi un po'. Infine, come ultima cosa, avrei inviato due fax e una raccomandata. I due fax, uno all'ufficio e uno alla Filiale, anticipavano ciò che con la raccomandata comunicavo in originale alla Filiale: finisce qui la mia vita da direttore.
Il mio click è stato il tasto "invio" del fax.

Alea iact est

25 luglio 2011
Tra un paio d'ore sarà il momento. Il momento in cui metterò una firma su un foglio che mi corrisponde economicamente l'impegno e gli sforzi degli ultimi sei mesi, e mi apre le porte della libertà.
Non so se, visto il gesto che sto per compiere, agosto sarà un mese di tranquillità, ma so che comunque godrò della libertà mentale che ti dà l'aver preso una decisione e aver compiuto il primo passo per realizzarla.
Me ne sto andando.
Sto realizzando qualcosa che mi sembrava ardito anche solo pensare. Fino a un mese fa.
In poco tempo la vita ha letteralmente sussultato, mandando all'aria tutti i suoi elementi fissi. proprio come una scacchiera con i pezzi disposti ordinatamente, con i loro rispettivi ruoli, poteri, possibilità di movimento, che venga improvvisamente sobbalzata via facendo volare in aria tutta la sua accurata disposizione.
Stop, fermo immagine.
Ecco, io mi sento esattamente a questo punto. Tutti i pezzi sospesi in aria pronti a ricadere assumendo ancora non so bene quale assetto.
Vedremo.
Saremo pronti a creare una nuova strategia e a muovere.
26 luglio 2011
I pezzi sono tornati al loro posto.
Mi fermo e rileggo questa prima frase mattutina, la tazzina del caffè in mano, c'è qualcosa che non mi torna.
Stamattina me ne serve parecchio di caffè per carburare dopo la sbronza di ieri sera, ma non se ne poteva proprio fare a meno, era necessaria. Bisognava festeggiare la prima serata della mia vita.
La prima serata della vita che mi sono scelta e che adesso perseguirò con tutte le mie energie.
Un nuovo assetto, una nuova situazione, che genera strategie mai sperimentate in precedenza, nuove prove, nuovi successi, qualche fallimento si sicuro, speriamo non troppi.
Ecco che c'era che non quadrava.
I pezzi non sono ri-tornati al loro posto.
I pezzi si sono disposti sulla scacchiera, e io gioco col bianco.