mercoledì 9 novembre 2011

Una giornata non uggiosa

La strada è buia; anche stasera ho fatto più tardi del previsto al lavoro. Succede sempre che perda il senso del tempo quando sono immersa in qualcosa che mi prende, che mi impegna. Rimane tutto al di fuori, compreso l’azzurro del cielo di oggi che, senza che me ne accorgessi, ha lasciato silenzioso il posto al nero della notte. Una luna piena sfocata da  una coltre di foschia, il buio di Via di Vigna Murata, le luci improvvise degli stop di auto e moto al semaforo dell’Ardeatina.
Giulia, gli occhiali sul naso, ti sfiora la mente.
Nelle auto vedo visi stanchi, qualcuno è al telefono, la maggior parte si limita a fissare il traffico. Ci sono due vigili fermi al semaforo che sembrano solo voler complicare un traffico già indisciplinato.
Giulia ci sa fare, Giulia è intelligente, Giulia è qualcosa di più.
Questa è la prima sera che non devo guidare tutta storta per vedere oltre le mille perline di pioggia sul parabrezza dello scooter, stasera la strada mi tiene, non scivola sotto le ruote, mi godo il ritorno a casa.
Alla fine ce l’ho fatta, sono riuscita a chiudere il progetto, ogni cosa al suo posto è lunedì partiamo. Stamattina la mia posta elettronica sembrava un campo di battaglia, una mitragliata di mail una più polemica dell’altra, problemi su problemi, modi diversi di affrontare questioni di lana caprina, un vecchio sapore di muffa che mi torna in bocca.
Ma è andata, ce l’ho fatta. E sono contenta, inutile negarlo. Mi piace vincere, mi piace farlo solo con le mie forze, ancora di più quando sono le parole la mia forza.
Giulia ti accarezza, accarezza la tua mente, Giulia lotta anche per te.
Stasera ho voglia di tornarmene a casa, fa freddo e questo movimento di auto su una strada rattoppata e lucida mi fa sentire il bisogno di camminare scalza sul pavimento di casa mia, di versarmi un bicchiere di quel meraviglioso novello mentre mi preparo qualcosa per cena.
Il semaforo scatta il verde, le auto si muovono, la canzone di Venditti lascia il posto a 50mila è io comincio a cantare a voce alta, sorridendo al pensiero di chi mi sente passando.
Pochi pensieri, isolati e frastagliati, ma sullo stesso sfondo compatto: sono contenta di essere qui, contenta di tutto questo, di ogni prezioso, irripetibile e imprescindibile dettaglio.
Semplicemente, oggi potevo non esserci.

lunedì 7 novembre 2011

Un po' così...

Il rapporto perfetto

Ma sì che ti amo, certo che ti amo, come potrei non amarti.
Cheppalle però, non possiamo parlare di altro? Non possiamo litigare per il telecomando come ogni coppia che si rispetti e cristo, perchè non mi lasci piantare uno di quei musi broncetti tutti vocette e mugugni che si risolvono poi in inevitabili “sì, sì oh sì! e adesso fammi i grattini..” perchè dico, mica vorrei rinchiuderti nel tuo momento refrattario e lasciarmi qui nel mio momento cosmico estatico asfittico stitico ah se ti amo.
Ma ti amerei certamente di più se solo tu, se solo tu non avessi quell’aria così paziente con me, come se fossi una bambina da sopportare, educare, tollerare. Insomma cosa vuoi?
Sei così buono con me tu, lo so che non sai dirmi di no, oh no! non dire niente, non è necessario. La verità è che ti senti in competizione con me ma non devi, davvero.
Sono una donna libera, indipendente, autonoma, eh sì, sei un uomo fortunato tu, ma non fare tutti quei rumori con la bocca cristodiundio cosa stai mangiando un pluriball? Devo insegnarti a stare a tavola, se non ti amassi come ti amo.
Cosa? Cosa dici? Aspetta bevi. Cosa vuoi adesso, giocare? Sei cresciuto tesoro non te ne eri accorto? E’ arrivato Jerry Scotti, compra una vocale e gira la ruota, sì, dai.
V-A-F-F-A-N-C-U-L-O.
Sei proprio un bambino, tu.

sabato 5 novembre 2011

I will

Io scrivo, scrivo e che mi frega se tu pensi che non ha un fine, che non è commerciale, che non porta iscritti a un corso, non trasmette contenuti non dimostra quanto sono fico.
Quello è il tuo scrivere, non il mio.
Se poi da qualche parte è depositato uno scritto, avente valore legale e che mi dimostri che scrivere ha senso solo se produce fatturato o “mi piace” ad una pagina o ancora se mi aumenta le mail di stalking da parte di fan impazzite davanti ad una distesa sconclusionata di parole che io definisco ipnotiche allora (prendo fiato), di grazia, gradirei leggerlo.
Poi però sarei davvero molto triste.
Un paio di giorni fa ho letto quelle righe su un foglio spiegazzato.
I will.
Non riesco a togliermelo dalla mente.
Non poteva parlare di chiunque, parlava di sè. Così distante, parlava anche di me.
I will.
Perchè non puoi non farlo, quando ti accorgi che il guardiano in armatura delle tue emozioni si addormenta solo quando gli racconti una favola, non puoi non farlo, devi scrivere. Addormentarlo, dissolvere la nebbia ed emergere.
Un saluto veloce, troppa gente, solo la tua voce un po’ bassa, quasi soffiata per arrivare giusto al mio orecchio nella folla, non oltre.
Un urto, un libro, piacere Federica, persone e sguardi incrociati distrattamente. Carino qui, bella giornata di sole, ottobre, voglia di camminare, torniamo in Trastevere a piedi sì, avviamoci, ciao a presto! Eccoti qui, sei qui, adesso ti vedo, sempre più familiare.
Vieni verso di me, adesso sì, che vieni verso di me, e ti sento vicino quanto la tua mano che mi attraversa i capelli.
Aggiungiamo propositi alla lista di ciò che faremo quando ci vedremo da soli, un imminente mai.
Vorrei essere sempre quella di un momento così, camminare sulla scia di me. Ci credo davvero che potrei essere sempre leggera, libera, anche bella senza rincorse inutili verso contorni definiti da altri. E vorrei mille di quelle carezze, la mano su un fianco che mi avvicina, la voce che mi gira intorno al collo e tutto perfetto così, col sole fuori e la pancia piena.
I will.
Lo farò, vi prego non tentate di persuadermi ancora che la dietrologia aggiunge spessore, con l’illusione di un apparente dietro...ahahahah! Cosa può aver dietro un davanti di cartapesta?
E il valore del tempo dove lo lasciamo? Ci vuole tempo per costruire le cose, non pezzi di carta, non frasette autocelebrative pubblicate su un sito. Il tempo sì, lento, paziente, veritiero, comprensivo ed elegante, solo dirà chi sei. Ma tu non sei chi sei, tu sei cosa fai, ecco perchè quando sto con te mi annoio.
Lo farò, anche solo per farti dispetto, per sentire i tuoi commenti presuntuosi e vuoti, colmi di pregiudizi.
Quella mano ancora nei miei capelli, i miei capelli ancora da accarezzare, così corti ormai.
La mano che mi avvicina, io mi avvicino, un imminente mai. Come incontrarsi senza poi salutarsi,mai. Questa è verità, sì, qui c’è il tempo e il suo valore reale, cose non bruciate in fretta, ma centellinate e godute.
Dorme, il guardiano dorme, le emozioni salgono su su, mi riportano tutto: il calore, l’anello, il sapore di fragole, il sole fuori e le mie gambe nude sotto il vestito, le calze nella borsa.

venerdì 28 ottobre 2011

Istinto&Tempo

Sapevo di non sbagliarmi, ma non immaginavo quanto. Sì lo so che è parecchio che non pubblico niente, ma ancora una volta seguire un istinto si è rivelato vincente.
C’è sempre un motivo se uno è portato a fare qualcosa. Facciamoci pace. Basta con questa storia che dobbiamo imporci, darci una disciplina, forzarci a continuare una cosa che si è iniziata solo per il fatto che si è iniziata. Io mi permetterei un letterario “sticazzi” a questo punto. Tanto c’è tutta la vita là fuori per mostrarsi come i perfetti soldatini dell’opportuno e dell’apprezzato, qui se ne può fare serenamente a meno.
E ascoltare.
Che c’era in quel silenzio?
Una prova che richiedeva tempo, un po’ di distrazione, nonchè una leggera assuefazione.
Ce l’eravamo detto no che la libertà non si ferma alla scelta, alla decisione di essere liberi ma che poi va tradotta in pelle, vene e arterie, sennò il sangue non circola e se stagna è un casino.
Io però, che predico bene e razzolo male, ho stagnato. Che bello ricominciare ad avere una vita serena, senza responsabilità schiaccianti e orari da convento. Che bello fare tardi la sera e la mattina arrivare in ufficio quando mi va, con calma e non prima dell’italianissimo caffè al bar col giornale fra le mani e i commenti con gli affezionatissimi dei fratelli Cicogna come me.
Giornate tranquille, piuttosto divertenti, colleghi simpatici e matti come cavalli, capaci di rendere una giornata in ufficio una puntata di Camera Cafè...che vuoi di più, te lo sei meritato bella mia, goditelo.
Sembra tutto così lontano adesso, in fondo che ci è voluto? Niente, o quasi. Una rapina certo ma in fondo a chi fa questo lavoro capita e poi è stato un lungo periodo di vacanza, divertente, allegro, ma sì. Niente di trascendentale, i contorni sfumano, tutto si appiattisce.
“I malati ricordano, i guariti dimenticano”, diceva Jim Morrison.
Io sono guarita.
Ma quando ero malata ho fatto in modo di non dimenticare.
Ho scritto.
E ieri ho riletto, tutto.
Ho avuto così la prova che era giusto tracciare ogni singolo passo di quel percorso tutt’altro che facile, fatto di momenti immensi, a volte impercettibili, a volte risonanti come un temporale, in cui ho spostato tutti i miei punti di riferimento per ridefinire me sulla mia strada.
L’avrei dimenticato.
L’avrei seppellito con questo benessere e se qualcuno mi avesse chiesto come ho fatto a cambiare tutto così, o come mi sono sentita avrei fatto spallucce dicendo che in fondo non è cambiato niente, che non ricordo grosse differenze con prima, che forse non stavo poi nemmeno tanto male.
E invece no.
Ho scritto, è tutto qui, sul mio mac, ordinatamente conservato e pronto all’uso.
Perchè va usato, è un dovere morale farlo, perchè un istante dopo aver letto, quello che ho guardato fuori dalla finestra è apparso più luminoso, più colorato, più profumato, più dolce e gustoso che mai.
Ancora una volta, e per sempre, fino alla fine dei miei giorni, è la strada che conta, a prescindere da dove ti porta.
Potrei essere altrove, potrei vivere mille vite, con mille persone e in mille luoghi diversi, ma so che sarei capace delle stesse cose.
E so che questa cosa che mi si rigira nella pancia e sale fino al cuore, mi distende i lineamenti del viso e scaturisce in un sorriso, non è affatto una dettaglio di secondo ordine.
Eccomi qua, tornata, o mai andata via.

martedì 27 settembre 2011

Il mio, personalissimo, downshifting

Quest'estate, in pieno trip da ricerca di risposte esistenziali, mi è capitato tra le mani anche un libro sul downshifting, e da bulimica del libro quale sono, l'ho ingurgitato.
Cos'è il downshifting. E' un approccio alla vita che si fonda sul principio che consumiamo molto più di quello che ci serve e questo ci rende schiavi. Schiavi del nostro lavoro in primis, dal momento che iniziamo a dipenderne non per sopravvivere ma per mantenere quel falso tenore di vita volto a compensare le insoddisfazioni derivanti da un lavoro che non soddisfa, che ruba tempo per la famiglia, le passioni etc.
In base a questo principio è teorizzabile un approccio alternativo che consiste nel rivedere a tavolino i propri consumi e bisogni, quantificarli e in base a questi rivedere anche la propria posizione lavorativa, dal part time al licenziamento.
Il tizio in questione aveva abbandonato del tutto una carriera in azienda e si era messo a scrivere, a partecipare a convegni e a promulgare la filosofia del downshifiting in tutto il mondo. Si era trasferito dalla sua casa di città in una casetta di legno del bosco, dove poteva avere un controllo dei consumi quali riscaldamento, illuminazione etc, completamente autonomi e in parte realizzati grazie ad energie naturali. Si era comprato una barca che noleggiava con lui come skipper, di tanto in tanto arrotondava con qualche lavoretto extra di tipo manuale: riparava cose.
Comprava vestiti ai mercatini, frutta e verdura al mercato dopo un attenta selezione del prezzo, l'insalata rigorosamente a mazzi perché quella in busta è un furto, e conosceva a memoria gli scaffali estremi dei supermercati: quello a terra e quello in alto. Lì, dice, si trovano le stesse cose degli scaffali centrali ad un terzo del prezzo. E potrei andare avanti citando innumerevoli esempi tratti da questo manuale di sopravvivenza del giovane downshifter, ma per quello che voglio dire, basta così.
Tutto giusto, è vero che l'insalata in busta costa quattro volte l'altra, è vero che negli scaffali ad altezza occhi ci sono cose più care e non necessariamente più di qualità, sono vere un sacco di cose, solo che messe tutte insieme così, perseguite con fare salesiano per ritagliare un euro qua e uno là, a me fa tanta tristezza, così tanta che quasi quasi preferisco lavorare come una schiava e poi uscire dall'ufficio e comprarmi un paio di scarpe da 300 euro.
Non posso però negare che nel dowunshifitng c'era qualcosa che mi intrigava, che mi attraeva magneticamente. Ebbene, quel qualcosa è un semplice cambio di punto di vista. Un'inversione dei ruoli: non sei tu, lavoro, che decidi chi sono e come vivo, in base a quanto posso spendere, sono io che decido come voglio vivere, quindi quanto vorrò spendere e quindi quanto ti darò.
Questo è quello che mi ha portato ad elaborare la mia versione di dowunshifitng emotivo.
Da lunedì riprendo a lavorare. Torno in Direzione Generale, nello specifico in una società del gruppo, su una posizione commerciale; quello che piaceva a me in breve.
Cosa è cambiato?
Ricordiamoci che a monte di tutto questo c'era una che si nutriva di pane e carriera e forse sarà più facile capire. Un direttore giovane, donna e che sparava numeri su numeri centrando obiettivi commerciali come fosse il tiro a segno di un luna park. Una che ci pensava la sera a casa a come vendere, a chi vendere, a cosa proporre e come. Una che si portava al mare in spiaggia le comunicazioni interne che non aveva tempo di leggere in ufficio perché era sommersa da appuntamenti con i clienti. Una che lavorava sei giorni a settimana e la domenica pomeriggio già rimetteva in moto il cervello per il lunedì. Sempre la stessa, che si toglieva ogni genere si sfizio, dal massaggio all'acquisto più inutile, per colmare qualcosa dentro.
E mi fermo qui perché sento un rigurgito alla bocca dello stomaco.
Lunedì torno al lavoro, dicevo.
Ho scelto un posto dove non gestisco persone, dove non sono responsabile di strutture. Dove non gestirò più il denaro di nessuno. Continuerò a fare quello che mi piace e che so fare: vendere, supportare le strutture del territorio, pensare strategie commerciali, inventarmi idee accattivanti e, speriamo, vincenti.
Ho scelto un settore che non riguarda più investimenti o gestione del risparmio in genere, ma oggettistica. L'ho scelto perché è un mondo colorato e mi sembra un'ottima motivazione. Sì perché voglio che le mie giornate siano colorate, divertenti, etiche. E ho scelto un posto in cui ricomincio a lavorare cinque giorni a settimana, quattro e mezzo per la precisione con orari assolutamente flessibili. Quando mi hanno detto se avevo qualche domanda da fare ho chiesto se potevo arrivare con comodo la mattina. Ho scelto un posto in cui quando me ne vado mi chiudo tutto alle spalle e non mi porto niente nella mia vita privata, la protagonista assoluta.
Lo stipendio rimane invariato, meno ovviamente la parte variabile legata al raggiungimento degli obiettivi commerciali, ma, potete credermi, gliel'ho lasciata senza il minimo rimpianto. Ci ho guadagnato io su tutta la linea. In cambio mi sono presa un sorriso che non mi abbandona da settimane.
Eccolo il mio downshifting emotivo. Continuo a vivere in città, continuo ad usare la macchina, lo scooter, a fare la spesa dove capita. Ho eliminato quel vuoto dentro, quello che ti rende necessario compensare, perché non ho niente più da compensare.
Ho tutto quello di cui ho bisogno, non mi serve davvero nient'altro.
Non mi servono più soldi, non mi servono più riconoscimenti. Quello che cercavo in quelle cose non era lì, è nelle persone che mi sono accanto adesso, è nella vita che sto conducendo da due mesi, è nel tempo rotondo e pieno che mi avvolge senza più sfuggirmi.
Questo il passo di oggi, domani vedremo.

domenica 25 settembre 2011

STOOOOOOPPPPPP!!!!!!!!!!!!!!!!!!

E' evidente che sia così. Per quanto ci giri intorno non posso far finta che ormai questo blog che non è un blog sia in realtà diventato un blog e quindi, mi annoi.
Non che abbia nulla contro i blog, tant'è che ne ho aperto uno, seppur con velleità alternative, ma il punto è proprio questo: mi sono sbragata. Mi è sfuggito di mano il fine ultimo e l'ho ridotto ad un vomitatoio. Uno di quei contenitori di tutto in cui riversi le tue eruzioni interne, su cui ti sfoghi, ti incazzi, su cui contempli le meraviglie inaspettate della vita, due palle. Infatti ha iniziato ad annoiarmi.
Riavvolgiamo il nastro.
REWIND.
Era iniziato tutto da una rapina, dallo scambio tra la mia vita e 80.000 euro e dall'impegno a renderla degna dei giorni da vivere concessi da qualcosa che chiameremo caso.
Sono stati due mesi di rivoluzione interna che non si sapeva bene dove mi avrebbero portato ma che avevano ben chiaro il punto di partenza su cui non avrebbero mai ripiegato: la vita per la carriera. Addio, tutto finito tra noi.
E adesso?
In effetti per un po' non ho potuto parlare di questo perché oggettivamente non avevo informazioni e questo mi metteva in una situazione di sospeso nella quale non mi sento mai a mio agio, motivo per cui ho evitato l'argomento.
Adesso quelle informazioni ci sono.
La rivoluzione si è quindi conclusa. Devo solo valutare cosa e in che misura scrivere qui. E cosa invece riservare per il libro che sto scrivendo. Sì, il libro, ricordate? Era anche per questo che esiste questo non-blog.
Quindi, per ora dico solo che se la definizione di rivoluzione è: evento che sovverte totalmente l'ordine precostituito, dopo il quale niente è più come prima, beh, se accettiamo questa definizione allora sì, questa rivoluzione c'è stata, si è conclusa e una nuova era si è aperta.
Adesso ci penso un po', perché se da un lato continuerò a scrivere di cose e persone che mi circondano (mica vorrò togliermi ogni divertimento eh) dall'altra devo e voglio riprendere il filo di un discorso importante, troppo importante per non essere portato a conclusione in maniera coerente e sincera.
E' la vita di ognuno di noi, e se non si sta attenti il rischio è di vederla naufragare come questo blog, dolcemente magari, o presi da questioni importanti, ma decisamente fuori fuoco.
Mi rifocalizzo, avremo di che parlare, la rivoluzione continua nell'organizzazione di una vita con nuove prospettive e valori diversi a guidare, la pancia come bussola, il cuore come motore. La testa? capitano in seconda.
Avanti tutta quindi e brunetta fottiti!