mercoledì 17 agosto 2011
Esercizi di stile: dialogo tra estranei
Non è molto freddo, ma dovrebbe dissetarti. Bevi, da queste parti ne fanno largo uso, dicono che reidrati l’organismo e combatta il caldo.
Queste maledette strade, non capisco cosa aspettino per rimetterle a posto, con tutti i soldi che ci tolgono ogni anno, dovrebbero essere lisce e dritte come appena asfaltate, e invece. E’ buono, come hai detto che si chiama?
Lo so, ormai ci siamo abituati, è per questo che non cambio macchina, finisco di distruggere le sospensioni di questa, poi si vedrà.
Non so ripeterti il nome con cui lo chiamano da queste parti, io lo chiamo tè, ma in effetti è un’altra cosa. Sì è buono.
Sono capitato qui per caso.
Lo so.
Ma sono felice di vederti, ti ho pensato spesso, mi sono chiesto molte volte come stessi.
Sono sempre io.
Sei sempre tu?
Forse no, hai ragione, ma non guardarmi così. Lo sai tutto quello che è successo, sai quante cose sono accadute, conosci il mio modo di vivere le cose poi, come potrei...
Non potresti infatti...
Solo un pazzo lascia scorrere la vita senza lasciarsi toccare. E’ come l’acqua di un fiume, ne disegna il letto, le curve.
Sono belle le tue curve, sei sempre bella.
Sono solo felice.
Me l’avevano detto che avevi trovato la tua strada, avevo voglia di vederti, di guardarti negli occhi dopo tutto questo tempo.
Alcune cose non cambiano.
Mi chiedevo se la tua pelle fosse ancora morbida e profumata, come ricordo.
Scoprilo da solo questo.
Te l’ho detto, non tutto cambia.
Tu sei pericolosa.
E tu sei ancora l’unico uomo che voglia amare.
Ho un’altra storia adesso.
Ne avrai almeno due di storie, se ricordo bene chi sei. Lo sai che non mi spaventa.
Io non ho mai voluto farti del male.
L’amore si impara. Si ama una volta, ed è per sempre. Io lo sapevo, ma dovevo lasciarti il tempo di capirlo da solo.
Sono stanco, vieni qui, lasciati abbracciare.
Tieni un cuscino, staremo più comodi.
Ho un po’ di tempo ancora, poi dovrò ripartire.
Ti aspettano lo so.
Adesso però ci sei tu.
Queste maledette strade, non capisco cosa aspettino per rimetterle a posto, con tutti i soldi che ci tolgono ogni anno, dovrebbero essere lisce e dritte come appena asfaltate, e invece. E’ buono, come hai detto che si chiama?
Lo so, ormai ci siamo abituati, è per questo che non cambio macchina, finisco di distruggere le sospensioni di questa, poi si vedrà.
Non so ripeterti il nome con cui lo chiamano da queste parti, io lo chiamo tè, ma in effetti è un’altra cosa. Sì è buono.
Sono capitato qui per caso.
Lo so.
Ma sono felice di vederti, ti ho pensato spesso, mi sono chiesto molte volte come stessi.
Sono sempre io.
Sei sempre tu?
Forse no, hai ragione, ma non guardarmi così. Lo sai tutto quello che è successo, sai quante cose sono accadute, conosci il mio modo di vivere le cose poi, come potrei...
Non potresti infatti...
Solo un pazzo lascia scorrere la vita senza lasciarsi toccare. E’ come l’acqua di un fiume, ne disegna il letto, le curve.
Sono belle le tue curve, sei sempre bella.
Sono solo felice.
Me l’avevano detto che avevi trovato la tua strada, avevo voglia di vederti, di guardarti negli occhi dopo tutto questo tempo.
Alcune cose non cambiano.
Mi chiedevo se la tua pelle fosse ancora morbida e profumata, come ricordo.
Scoprilo da solo questo.
Te l’ho detto, non tutto cambia.
Tu sei pericolosa.
E tu sei ancora l’unico uomo che voglia amare.
Ho un’altra storia adesso.
Ne avrai almeno due di storie, se ricordo bene chi sei. Lo sai che non mi spaventa.
Io non ho mai voluto farti del male.
L’amore si impara. Si ama una volta, ed è per sempre. Io lo sapevo, ma dovevo lasciarti il tempo di capirlo da solo.
Sono stanco, vieni qui, lasciati abbracciare.
Tieni un cuscino, staremo più comodi.
Ho un po’ di tempo ancora, poi dovrò ripartire.
Ti aspettano lo so.
Adesso però ci sei tu.
Angelo
Se per una volta ti mostrassi
se potessi donarmi uno sguardo da custodire
io non ti inseguirei così, solo per dirti grazie.
Angelo invisibile e caldo, la tua mano sulla mia testa a salvarmi.
Ancora.
Ma nemmeno a te è concesso
vivere oltre questo silenzio.
A perdonarci il tuo amore per me, muto,
e tu amorevole mi abbracci senza peccato.
Un brivido leggero, solo, annuncia la tua presenza
quando crollo esausta sul letto disfatto.
E allora so che comprendi il languore di un amore negato.
Tu che desideri, sfiorandomi, lo stesso contatto proibito, cuore imprigionato.
se potessi donarmi uno sguardo da custodire
io non ti inseguirei così, solo per dirti grazie.
Angelo invisibile e caldo, la tua mano sulla mia testa a salvarmi.
Ancora.
Ma nemmeno a te è concesso
vivere oltre questo silenzio.
A perdonarci il tuo amore per me, muto,
e tu amorevole mi abbracci senza peccato.
Un brivido leggero, solo, annuncia la tua presenza
quando crollo esausta sul letto disfatto.
E allora so che comprendi il languore di un amore negato.
Tu che desideri, sfiorandomi, lo stesso contatto proibito, cuore imprigionato.
martedì 16 agosto 2011
Cristiano sulle nuvole
Dondola, solo solo sul dondolo. A vederlo da qui sembra il Piccolo Principe, proprio lui, magrolino con i capelli biondi con la frangetta ad incorniciargli il visetto magro e simpatico, che ti chiedi sempre se quegli occhiali non siano troppo grandi per lui.
Ma è quando si apre quel suo sorrisetto furbo e sdentato che ti conquista.
Dondola, sul dondolo senza cuscini, seduto a diretto contatto con le molle che gli lasceranno sicuramente il segno rosso sulle gambe. Sfoglia un libro pieno di figure, a vederlo da qui, il balconcino al primo piano, sembrano navi, modelli di navi. Non faccio fatica ad immaginare la sua mente volare via, cullato dal dondolio, a navigare su mari in tempesta, lui coraggioso capitano di un equipaggio di pirati alla conquista dei mari inesplorati, pronti all’attacco, al saccheggio.
Il suo pupazzo preferito, un grazioso peluche che ha da quando è piccolo, è diventato un pericoloso killer, Cristiano lo ha addestrato ad attaccare per uccidere.
Gira per il grande giardino, segue i due vecchi cani che abitano questa casa, si rifugia in una piccola casetta di legno che suo padre gli ha costruito, dove è stato predisposto un tappetino da campeggio con un sacco a pelo, un lettore cd con una ciotola. Una ciotola sì, perchè se metti gli auricolari nella ciotola la musica rimbomba e allora la puoi sentire anche senza metterti gli auricolari nelle orecchie, come se avessi un piccolo impianto stereo. E’ così fiero quando me lo mostra, mentre mi dice che lui lì ci dorme qualche volta, che è come fare campeggio. Sulla porta della casetta, che lui chiama “il suo alloggio”, c’è appeso il numero civico 2.
E’ lì da solo, continua a dondolarsi, ogni tanto guarda su, nella mia direzione, quasi a volersi tenere compagnia con la mia presenza silenziosa, quassù.
E’ molto piacevole parlare con lui, sentirlo raccontare le sue storie, ascoltare le sue fantasie, anche quando la voce gli si interrompe, inciampando su qualche parola che non capisci perchè non riesca a pronunciare fluidamente. Sembra stare altrove, sembra che questa grande casa divisa in appartamenti, ciascuno dei quali ospita persone e storie da ogni parte d’Europa, sia per lui nient’altro che lo scenario delle sue battaglie, delle sue conquiste spaziali, delle sue avventure incredibili con chissà quali supereroi a combattere al suo fianco.
Cristiano, portami con te, mi porti con te? Facciamo che io sono una principessa imprigionata da mostri cattivi e tu l’eroe che mi salverà?
Adesso ha preso un lungo bastone di legno e lo punta a terra per darsi la spinta e dondolarsi di più, più veloce, su quel dondolo sgangherato.
Tutto qui è silenzioso e lento, sembra che anche un respiro profondo debba disturbare la quiete che regna sovrana.
Ma Cristiano chissà dov’è adesso, chissà cosa vedono i suoi occhi di bambino dietro quegli occhiali spessi, Cristiano con i calzoncini corti e le gambette magre, i calzini corti e le Crocs.
Ieri mi ha detto che non ama andare a scuola, che per lui dovrebbe esistere solo l’intervallo, al massimo scienze e informatica, che almeno devi solo stare seduto ad un tavolo davanti al pc.
Eppure non è un bambino pigro, tantomeno svogliato, no non lo è affatto.
E’ un bambino un po’ solo e pieno di fantasia, dolce e simpatico, sveglio, parecchio sveglio.
Questo luogo protegge la sue fantasia al punto da non fargli mancare amichetti o play station, la casa è piena di giocattoli, davvero sembra il paese dei balocchi ma lui sembra non vederli. Lui ha scoperto che con una ciotola e un lettore cd puoi crearti il tuo piccolo impianto stereo nella tua piccola casa di legno con il numero civico 2 vicino alla porta.
Lo guardo dondolarsi, lui guarda me e mi sorride.
Continuo a cercare di respingere questo senso di malinconia che sento in fondo al cuore, ma non posso. Vorrei che Cristiano restasse sempre così, mentre so che presto la sua fantasia innocente verrà sporcata e imbrigliata da una società spietata, molto più dura e crudele dei mostri che adesso combatte dal suo dondolo scassato.
Sii forte Cristiano, distruggili tutti, vola in alto e vienimi a salvare, portami con te e voliamo liberi a fare capriole fra le stelle.
Ma è quando si apre quel suo sorrisetto furbo e sdentato che ti conquista.
Dondola, sul dondolo senza cuscini, seduto a diretto contatto con le molle che gli lasceranno sicuramente il segno rosso sulle gambe. Sfoglia un libro pieno di figure, a vederlo da qui, il balconcino al primo piano, sembrano navi, modelli di navi. Non faccio fatica ad immaginare la sua mente volare via, cullato dal dondolio, a navigare su mari in tempesta, lui coraggioso capitano di un equipaggio di pirati alla conquista dei mari inesplorati, pronti all’attacco, al saccheggio.
Il suo pupazzo preferito, un grazioso peluche che ha da quando è piccolo, è diventato un pericoloso killer, Cristiano lo ha addestrato ad attaccare per uccidere.
Gira per il grande giardino, segue i due vecchi cani che abitano questa casa, si rifugia in una piccola casetta di legno che suo padre gli ha costruito, dove è stato predisposto un tappetino da campeggio con un sacco a pelo, un lettore cd con una ciotola. Una ciotola sì, perchè se metti gli auricolari nella ciotola la musica rimbomba e allora la puoi sentire anche senza metterti gli auricolari nelle orecchie, come se avessi un piccolo impianto stereo. E’ così fiero quando me lo mostra, mentre mi dice che lui lì ci dorme qualche volta, che è come fare campeggio. Sulla porta della casetta, che lui chiama “il suo alloggio”, c’è appeso il numero civico 2.
E’ lì da solo, continua a dondolarsi, ogni tanto guarda su, nella mia direzione, quasi a volersi tenere compagnia con la mia presenza silenziosa, quassù.
E’ molto piacevole parlare con lui, sentirlo raccontare le sue storie, ascoltare le sue fantasie, anche quando la voce gli si interrompe, inciampando su qualche parola che non capisci perchè non riesca a pronunciare fluidamente. Sembra stare altrove, sembra che questa grande casa divisa in appartamenti, ciascuno dei quali ospita persone e storie da ogni parte d’Europa, sia per lui nient’altro che lo scenario delle sue battaglie, delle sue conquiste spaziali, delle sue avventure incredibili con chissà quali supereroi a combattere al suo fianco.
Cristiano, portami con te, mi porti con te? Facciamo che io sono una principessa imprigionata da mostri cattivi e tu l’eroe che mi salverà?
Adesso ha preso un lungo bastone di legno e lo punta a terra per darsi la spinta e dondolarsi di più, più veloce, su quel dondolo sgangherato.
Tutto qui è silenzioso e lento, sembra che anche un respiro profondo debba disturbare la quiete che regna sovrana.
Ma Cristiano chissà dov’è adesso, chissà cosa vedono i suoi occhi di bambino dietro quegli occhiali spessi, Cristiano con i calzoncini corti e le gambette magre, i calzini corti e le Crocs.
Ieri mi ha detto che non ama andare a scuola, che per lui dovrebbe esistere solo l’intervallo, al massimo scienze e informatica, che almeno devi solo stare seduto ad un tavolo davanti al pc.
Eppure non è un bambino pigro, tantomeno svogliato, no non lo è affatto.
E’ un bambino un po’ solo e pieno di fantasia, dolce e simpatico, sveglio, parecchio sveglio.
Questo luogo protegge la sue fantasia al punto da non fargli mancare amichetti o play station, la casa è piena di giocattoli, davvero sembra il paese dei balocchi ma lui sembra non vederli. Lui ha scoperto che con una ciotola e un lettore cd puoi crearti il tuo piccolo impianto stereo nella tua piccola casa di legno con il numero civico 2 vicino alla porta.
Lo guardo dondolarsi, lui guarda me e mi sorride.
Continuo a cercare di respingere questo senso di malinconia che sento in fondo al cuore, ma non posso. Vorrei che Cristiano restasse sempre così, mentre so che presto la sua fantasia innocente verrà sporcata e imbrigliata da una società spietata, molto più dura e crudele dei mostri che adesso combatte dal suo dondolo scassato.
Sii forte Cristiano, distruggili tutti, vola in alto e vienimi a salvare, portami con te e voliamo liberi a fare capriole fra le stelle.
lunedì 15 agosto 2011
Francesca
Non è iniziata subito, è un'amicizia insolita direi. Sì, perché oggi posso parlarne chiamandola a pieno titolo amicizia. Sono quasi 24 ore che ci penso, da quando ieri mi è arrivata quella mail, quel fiume di parole che mi hanno aiutato a capire tante cose di lei. E a volerle ancora più bene. Vedi che a volte dei semplici regali, magari con tastiera retroilluminata, possono rivelarsi molto utili nel buio consolatorio della notte, quando, quasi come nel segreto di un confessionale, si apre finalmente il cuore e si lascia uscire tutto.
A me ieri mattina è arrivato un lenzuolo di parole, fatto di pensieri, racconti, emozioni, posizioni riguardo certi argomenti, mi si è svelata una persona nella sua interezza, dando una spiegazione fondata ad una simpatia istintiva nata due anni fa,quando ho conosciuto Francesca a Palmi, in Calabria. Ci siamo viste la prima volta a giugno, ma solo al mio ritorno a Palmi, ad agosto, abbiamo iniziato a prenderci realmente in simpatia, punzecchiandoci di tanto in tanto, cercandoci con pretesti banali solo per farci quattro risate. Francesca lavorava in pizzeria e non era raro vederla ritornare la sera tardi con dei cartoni di pizza per noi che bivaccano in veranda. Quando così non era, poteva capitare che avessimo la faccia tosta di chiederle di tornare a prendercela un po' di pizza, e lei risaliva sullo scooter e provvedeva a sfamare le belve.
Mi sono sentita a mio agio con lei. A dire il vero mi sentivo a mio agio con tutti, ma lei mi stava particolarmente simpatica. Sarà perché la vedevo così giovane, lanciata verso un futuro da costruire con l'entusiasmo dei vent'anni, mi immedesimavo in quella ragazza che si affacciava alla vita carica di sogni e mi ricordava me alla sua età (mi sento nonna Federica adesso), fatto sta che Francesca mi è entrata nel cuore.
Mi è venuta a trovare spesso Francesca quando "saliva" a Roma, anche brevi incontri solo per un caffè volante ma ci siamo viste spesso, a dimostrazione di un affetto che non si interrompeva per la fine di una storia, ma che viveva di suo, un affetto prezioso da parte sua e di tutta la famiglia che mi ha aiutato a ritrovare il mio valore in un momento in cui di valore me ne sono dato ben poco.
Ripenso alla mail di ieri, ero seduta proprio qui, a questo stesso tavolo del solito bar di Piazza San Cosimato, dove peraltro ci siamo viste l'ultima volta, una settimana fa circa.
Quel giorno le ho raccontato tutto.
Dalla rapina a oggi, tutto.
Lei ha ascoltato ogni mia parola con molta attenzione, aveva già letto il blog, aveva più o meno idea di cosa sto facendo, mi ha fatto molte domande, ha acquisito altri particolari e ha messo insieme tutti i pezzi, componendo il puzzle.
Non ha voluto dirmi subito cosa ne pensasse. Si è presa del tempo per ragionare, per metabolizzare.
Ieri ha condiviso la sua idea e molto altro con me.
Quel molto altro è stato un regalo bellissimo e prezioso, perché ci ha avvicinate ancora e mi ha dato l'ennesima dimostrazione del sommerso meraviglioso che alberga dentro le persone e di quanto un giro virtuoso di amore verso la vita possa portarlo alla luce.
Le persone sono delle scatole cinesi, tanti cassetti nascosti pieni di tesori sotto chiave.
La chiave ce l'hai tu, non ce l'hanno nemmeno loro, no, ce l'hai tu. La usi ogni volta che ti apri all'ascolto, all'accettazione totale di chi ti è di fronte per come è, non per come dovrebbe essere o vorresti che fosse. La vera ricchezza di questa vita è saper vedere le persone per quello che hanno dentro e che vogliono condividere con te, per i momenti che ti regalano, per le emozioni che ti lasciano, per i ricordi che vi legano.
Questo funziona, e funziona bene.
Non accade spesso, soprattutto quando si cerca di dare a tutti i costi un nome alle cose, caricandole di aspettative, di pretese, spogliandole della genuinità pura che rende un momento perfetto.
Io di momenti perfetti ultimamente ne sto vivendo parecchi, molti da sola, qualcuno con le persone che amo.
Ma oggi la protagonista assoluta di questo spazio è Francesca, il suo cammino coraggioso e pulito, il suo cuore fiero e schietto, la donna meravigliosa che si prepara a diventare.
A me ieri mattina è arrivato un lenzuolo di parole, fatto di pensieri, racconti, emozioni, posizioni riguardo certi argomenti, mi si è svelata una persona nella sua interezza, dando una spiegazione fondata ad una simpatia istintiva nata due anni fa,quando ho conosciuto Francesca a Palmi, in Calabria. Ci siamo viste la prima volta a giugno, ma solo al mio ritorno a Palmi, ad agosto, abbiamo iniziato a prenderci realmente in simpatia, punzecchiandoci di tanto in tanto, cercandoci con pretesti banali solo per farci quattro risate. Francesca lavorava in pizzeria e non era raro vederla ritornare la sera tardi con dei cartoni di pizza per noi che bivaccano in veranda. Quando così non era, poteva capitare che avessimo la faccia tosta di chiederle di tornare a prendercela un po' di pizza, e lei risaliva sullo scooter e provvedeva a sfamare le belve.
Mi sono sentita a mio agio con lei. A dire il vero mi sentivo a mio agio con tutti, ma lei mi stava particolarmente simpatica. Sarà perché la vedevo così giovane, lanciata verso un futuro da costruire con l'entusiasmo dei vent'anni, mi immedesimavo in quella ragazza che si affacciava alla vita carica di sogni e mi ricordava me alla sua età (mi sento nonna Federica adesso), fatto sta che Francesca mi è entrata nel cuore.
Mi è venuta a trovare spesso Francesca quando "saliva" a Roma, anche brevi incontri solo per un caffè volante ma ci siamo viste spesso, a dimostrazione di un affetto che non si interrompeva per la fine di una storia, ma che viveva di suo, un affetto prezioso da parte sua e di tutta la famiglia che mi ha aiutato a ritrovare il mio valore in un momento in cui di valore me ne sono dato ben poco.
Ripenso alla mail di ieri, ero seduta proprio qui, a questo stesso tavolo del solito bar di Piazza San Cosimato, dove peraltro ci siamo viste l'ultima volta, una settimana fa circa.
Quel giorno le ho raccontato tutto.
Dalla rapina a oggi, tutto.
Lei ha ascoltato ogni mia parola con molta attenzione, aveva già letto il blog, aveva più o meno idea di cosa sto facendo, mi ha fatto molte domande, ha acquisito altri particolari e ha messo insieme tutti i pezzi, componendo il puzzle.
Non ha voluto dirmi subito cosa ne pensasse. Si è presa del tempo per ragionare, per metabolizzare.
Ieri ha condiviso la sua idea e molto altro con me.
Quel molto altro è stato un regalo bellissimo e prezioso, perché ci ha avvicinate ancora e mi ha dato l'ennesima dimostrazione del sommerso meraviglioso che alberga dentro le persone e di quanto un giro virtuoso di amore verso la vita possa portarlo alla luce.
Le persone sono delle scatole cinesi, tanti cassetti nascosti pieni di tesori sotto chiave.
La chiave ce l'hai tu, non ce l'hanno nemmeno loro, no, ce l'hai tu. La usi ogni volta che ti apri all'ascolto, all'accettazione totale di chi ti è di fronte per come è, non per come dovrebbe essere o vorresti che fosse. La vera ricchezza di questa vita è saper vedere le persone per quello che hanno dentro e che vogliono condividere con te, per i momenti che ti regalano, per le emozioni che ti lasciano, per i ricordi che vi legano.
Questo funziona, e funziona bene.
Non accade spesso, soprattutto quando si cerca di dare a tutti i costi un nome alle cose, caricandole di aspettative, di pretese, spogliandole della genuinità pura che rende un momento perfetto.
Io di momenti perfetti ultimamente ne sto vivendo parecchi, molti da sola, qualcuno con le persone che amo.
Ma oggi la protagonista assoluta di questo spazio è Francesca, il suo cammino coraggioso e pulito, il suo cuore fiero e schietto, la donna meravigliosa che si prepara a diventare.
domenica 14 agosto 2011
Tempo da riempire
Ho sempre avuto paura del tempo.
Mi sembrava un contenitore di gomma, una di quelle cose strane che più le riempi e più si allargano, come se fosse un paio di misure troppo grande per me.
Per questo mi sono sentita una da azienda, da contratto full time, full energie, full life, full tutto.
L'idea che qualcuno mi aiutasse a riempire questo sacco enorme mi ha confortato, mi ha sollevato dalla responsabilità di doverlo fare da sola, che tanto non sarei mai stata capace io, che potevo metterci, i miei pochi desideri, i miei pochi bisogni, la mia poca voglia.
Mi prenderei a schiaffi.
Cosa mi è successo?
Che mi hanno fatto?
Oggi che non riesco a finire una serata con gli amici per tornare a casa a leggere quella cosa interrotta che continua a girarmi in testa, che devo scrivere prima che mi sfugga il pensiero, che mi sembra che il tempo non basti, che è già ora di cena, è già notte, chissenefrega che è notte chi l'ha detto che bisogna dormire.
Tempo mai stato così pieno da quando me ne sono riappropriata, no sbaglio: da quando me ne sono appropriata.
La risorsa più potente, capace di non farmi mancare una vacanza in quest'estate di rivoluzione, di non farmi mancare soldi, vestiti, lusso e frivolezze alle quali ero abituata, da cui credevo di dipendere, uno status dal quale non si scende, si può solo salire; questo mi dicevo per anestetizzarmi ancora.
Metteteci una pezza: le persone libere non si comprano, perché non si vendono.
L'isolamento è il premio.
E' vero, lo è.
Guarda qua, sono le 11,22 di questa domenica 14 agosto, Roma invasa dai turisti che fanno colazione a questo stesso mio bar, pronti per lanciarsi nella visita stordita della mia amata città semideserta, io a scrivere, qui seduta, incurante di tutto.
Questo per me significa essere felici.
Se mi fulminasse un colpo secco adesso, proprio qui, con le mani sulla tastiera del mac, la mia sarebbe stata una vita degna di essere vissuta.
Facciamoci due conti.
Mi sembrava un contenitore di gomma, una di quelle cose strane che più le riempi e più si allargano, come se fosse un paio di misure troppo grande per me.
Per questo mi sono sentita una da azienda, da contratto full time, full energie, full life, full tutto.
L'idea che qualcuno mi aiutasse a riempire questo sacco enorme mi ha confortato, mi ha sollevato dalla responsabilità di doverlo fare da sola, che tanto non sarei mai stata capace io, che potevo metterci, i miei pochi desideri, i miei pochi bisogni, la mia poca voglia.
Mi prenderei a schiaffi.
Cosa mi è successo?
Che mi hanno fatto?
Oggi che non riesco a finire una serata con gli amici per tornare a casa a leggere quella cosa interrotta che continua a girarmi in testa, che devo scrivere prima che mi sfugga il pensiero, che mi sembra che il tempo non basti, che è già ora di cena, è già notte, chissenefrega che è notte chi l'ha detto che bisogna dormire.
Tempo mai stato così pieno da quando me ne sono riappropriata, no sbaglio: da quando me ne sono appropriata.
La risorsa più potente, capace di non farmi mancare una vacanza in quest'estate di rivoluzione, di non farmi mancare soldi, vestiti, lusso e frivolezze alle quali ero abituata, da cui credevo di dipendere, uno status dal quale non si scende, si può solo salire; questo mi dicevo per anestetizzarmi ancora.
Metteteci una pezza: le persone libere non si comprano, perché non si vendono.
L'isolamento è il premio.
E' vero, lo è.
Guarda qua, sono le 11,22 di questa domenica 14 agosto, Roma invasa dai turisti che fanno colazione a questo stesso mio bar, pronti per lanciarsi nella visita stordita della mia amata città semideserta, io a scrivere, qui seduta, incurante di tutto.
Questo per me significa essere felici.
Se mi fulminasse un colpo secco adesso, proprio qui, con le mani sulla tastiera del mac, la mia sarebbe stata una vita degna di essere vissuta.
Facciamoci due conti.
sabato 13 agosto 2011
SOLTANTO TE
Ritorni, soste di pensiero fisse, immobili.
Inutili.
Aspetti, sospetti, rifiuti e sorrisi maledetti.
Prendere lasciare trattenere mollare strattonare, povero lui.
La bustina tinge l'acqua di verde, infuso di veleno per il cuore, dal buon sapore.
E' soltanto te.
Inutili.
Aspetti, sospetti, rifiuti e sorrisi maledetti.
Prendere lasciare trattenere mollare strattonare, povero lui.
La bustina tinge l'acqua di verde, infuso di veleno per il cuore, dal buon sapore.
E' soltanto te.
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