giovedì 8 settembre 2011

Capelli bianchi

Ci sono cose difficili da scrivere. Cose troppo grandi per essere provate da un cuore solo, un cuore di figlia.
Ieri li guardavo: uno così piccolo, l'altro con i capelli tutti bianchi ormai.
Una volta non era così. Erano neri quei capelli, neri come il suo carattere così autoritario e repressivo. No. No è la parola che ho sentito più spesso uscire dalla sua bocca. Lo consideravo un tiranno. E sono stata sul punto di odiarlo quell'anno in cui ha deciso di fare il padre, a modo suo.
Credevo di non uscirne più. Immaginavo ogni genere di fuga e in ognuna lui mi riprendeva, sempre.
Quel giorno la porta invece me l'ha aperta lui. E non mi ha mai più inseguito. Io però ho sempre avuto voglia di tornare, perché non si fugge da chi ti spiega, e poi ti regala, la libertà. Non puoi non voler tornare da chi ti inietta che la sola impalcatura capace di reggere il peso di una libertà così grande, che non faccia male al prossimo, è la fiducia. E la fiducia devi meritartela. Solo così non la perderai.
Ieri li guardavo, tutti e due. Il mio passato e il mio futuro, uniti dal mio sangue.
E ho sentito di nuovo quella paura, che da un po' ogni tanto mi punge proprio al centro del cuore, come una spina.
Lui mi ha permesso di andare quel giorno, non mi ha trattenuta, è rimasto sulla porta con la voce strozzata mordendosi la lingua probabilmente. Ha voluto che seguissi la mia strada.
Io non sarò così brava. Io ho paura di quei capelli bianchi, vorrei che fossero ancora tutti neri, neri come il suo carattere, sì, impositivo, tirannico, repressivo, va bene. Ma neri, come gli anni giovani di quei capelli neri.
Questa vita è troppo corta e veloce per tutte le cose che potremmo dirci, e non ci diciamo, le affidiamo ad uno sguardo, ad un mezzo gesto. Rimangono sospese nell'aria e puoi solo respirarle.
Circonvoluzioni della vita.
Ognuno di noi in fondo lo sa, sono sicura che lo sa, qual'è quella cosa che non sarà mai in grado di affrontare.

sabato 3 settembre 2011

via, lontano da me

La stanza completamente al buio. Io sdraiata sul letto, immobile, quasi senza respirare per non far sentire la mia presenza. I suoi passi su e giù per la camera, come una tigre in gabbia, al buio. Sento il suo respiro vicino, mi irrigidisco. Forse sa che sono qui, forse no. Rimango immobile sperando che se ne vada ma quei passi sono troppo nervosi, veloci, vicini, e so che presto farà qualcosa.
E quel momento arriva, si ferma e in un attimo è proprio sul mio collo, lo bacia, con una precisione chirurgica che mi fa capire che ha sempre saputo che ero lì.
Apro gli occhi afferro il cuscino e lo lancio via da me come se fosse lui.
Non saprò mai chi c'era in quest'incubo, so solo che non mi è piaciuto, e che la sensazione di schifo mi è rimasta addosso tutta la notte.
Traduco: vicinanza non richiesta, confidenza non concessa, tentativi per appropriarsene come fosse un diritto.
Questa cosa la conosco. sì. L'ho già combattuta.
Provo a scaraventare tutto qui, sul foglio bianco, sperando che così esca da me e mi lasci in pace.

giovedì 1 settembre 2011

Devo solo trovare il film giusto

All'inizio di tutto, quando ho deciso di scrivere ogni passo di questo cammino, mi aveva mosso la considerazione che, di solito, qualcuno fa una grande cosa, e poi ne scrive. Il principio che la storia viene scritta dai vincitori. Descrizioni dorate di percorsi di successo in cui qualcuno procede a grandi falcate verso un obiettivo, senza mai inciampare, senza mai un piede in fallo, o anche solo senza sentirsi un po' stanco, bisognoso di un momento per fermarsi a riprendere fiato.
E così chi legge queste storie "a posteriori" si sente irrimediabilmente distante, escluso " a priori" dalla possibilità di compiere qualcosa di simile.
Adesso direi anche che uno finisce per sentirsi un po' sfigato ma poi Maria mi cazzia e stasera non è aria. Quindi non lo dico.
Dico però che la verità sta nel mezzo. La verità sta tra il successo di una storia e il fatto che sia poi effettivamente alla portata di tutti.
Il successo può arrivare, magari arriva, ma prima arrivano altre cose: ci sono consigli non richiesti, consigli richiesti che si rivelano sbagliati, chiacchierate illuminanti, sguardi di intesa, cadute, paura, qualche cazzata in mezzo che ti fa venire voglia di lasciar perdere tutto, stanchezza a volte, coraggio, entusiasmo. Ecco c'è tutto questo.  E tutto questo è quello che bene o male ognuno di noi vive ogni giorno, si chiama vita. Convogliare questo magma di cose, comunque vissute,  verso un obiettivo che rappresenti la felicità è quello che rende u successo alla portata o meno di qualcuno. Alla fine si torna sempre a parlare di consapevolezza.
Lo sai dove stai andando? Riesci a dare un senso al tuo fastidio? Alle tue paure? Sai cosa ci guadagni a rinunciare a qualcosa? O sei soltanto preso dalla lamentela per la perdita? Ecco, la risposta a queste domande ti può allontanare o avvicinare a quel tipo che ha scritto una storia di successo dall'alto del suo podio.
Ecco perché mi ero prefissata di scrivere tutto, prima ancora di sapere se ce l'avrei fatta, perché questo mi avvicina a chiunque legga e provi a domandarsi se è davvero possibile provarci.
Spesso è da una caduta che si impara a camminare meglio. E da come cammini ti rendi conto che il viaggio è importante almeno quanto la meta.
Le cadute servono. Chi ha vinto è caduto, magari mille volte, ma una volta raggiunto il traguardo le cadute se le è dimenticate, travolto dalla gioia del successo ne ha trasformato la percezione del raggiungimento. Per forza che poi sembra un'impresa impossibile, E invece non lo è: è possibilissimo. Solo che sarà una montagna russa, a volte alle stelle, altre volte col sedere per terra e gli occhi rossi, altre volte ancora camminando spediti.
Ecco perché ho voluto scrivere tutto.
Ecco perché stasera lo scrivo che non è stata una gran giornata per me, perché sono stata travolta da pensieri ed emozioni che mi hanno sballottato il cuore e mi hanno anche strappato un paio di lacrimacce amare. E allora? Pace. Ci sta.
La cosa positiva è che ho imparato a vivermeli con una certa serenità questi momenti, perché hanno motivo di esistere e sarebbe stupido reprimerli buttandomi in una mischia di gente magari, perché poi passano, perché in fondo, me li sono voluti. Sono parti di me che hanno la stessa dignità di esistere dei momenti felici.
Quindi porto fuori il cane e mi fumo una sigaretta, finisco di scrivere questo post un po' melanconico, e mi cerco un filmetto che mi regali un paio d'ore di svago, magari anche una risata delle mie, di cuore.
E buonanotte.

mercoledì 31 agosto 2011

Caffè e un biscotto, Darietto e simpatici colloqui

Era un po' che non lo facevo. Era un tipico risveglio trasteverino quello col caffè e un biscotto integrale davanti al mac a scrivere. Quante mattine, con la faccia ancora insonnolita, proprio come adesso, e una giornata intera che si staglia davanti piena di spazio per metterci cose, persone, idee, paure, problemi e soluzioni. Ho passato una delle estati più significative della mia vita così.
L'unica cosa che davvero mi è mancata da morire, nonostante il turbinio di cose, è stata Darietto, il mio cane. Darietto che adesso è qui, sul tappeto ai miei piedi, mi poggia le zampette sulla gamba, mi chiede un biscotto, che i croccantini a colazione gli fanno un po' schifo. Signori si nasce.
Per quasi due mesi Darietto non è stato con me, è rimasto dai miei, in campagna. L'hanno tenuto loro perché hanno capito che non ero in grado di prendermene cura nel modo in cui lui è abituato, con presenza e attenzioni amorevoli e costanti. Ma in quel momento io di presenza e attenzioni non riuscivo ad averne nemmeno per me, completamente frastornata, in balia del ciclone che ha stravolto il mio mondo.
Adesso però è qui con me, di nuovo, da due settimane circa, e lo adoro. Questo canetto è gioia pura, mette in moto la felicità. Anche adesso che siamo tornati a Ciampino, (postaccio orrendo) che tutto si è concluso, anche l'atto finale ha avuto luogo e bisogna ridare senso alle cose.
Settembre sarà questo. Dopo aver distrutto ogni cosa, demolita pezzo per pezzo, adesso ricostruisco, senza fretta, perché devo pensarci bene stavolta, voglio crearmi un posto dove sentirmi a casa. Non importa quanto tempo ci vorrà, voglio sentirmi a casa.
Ma dove eravamo rimasti?
Mi sono dimessa da direttore, ho lasciato l'ufficio e bye bye baby.
In questi giorni sto sostenendo dei colloqui, il primo ieri. Quando ti metti davanti ad un selezionatore dopo essertene andato da un altro posto la cosa che parla di più di te non è il curriculum, o quello che si dice riguardo la tua bravura, no. Parla il fatto che hai lasciato un progetto, un ruolo di responsabilità. Vogliono sapere perché, e non si accontentano di frasi generiche, scavano, vogliono la verità. E tu devi essere bravo a propinargliene una credibile, senza cedimenti, senza paura, una negoziazione sottile in cui il messaggio che deve arrivare dietro le tue educate parole di spiegazione è: ti conviene credermi, dammi retta.
Alla fine è andata così. Tre quarti di colloquio a studiarci, fra domande e risposte, e domande e altre domande per studiare la risposta e alla fine la risposta, quella definitiva, quella convincente. Quella che apre nuove porte.
Staremo a vedere. Fanno il loro lavoro, non posso biasimarli. Posso solo lasciarli fare perché non sanno che non sono loro lo scoglio più grande, che non sono per me i mostri che vorrebbero che vedessi. Ma loro non possono sapere la relazione fra le cose che ho in testa io, nè che questo passaggio è la coda di un'avventura in cui i veri draghi erano molto più grandi, avevano una bocca gigantesca piena di denti acuminati e sputavano fiamme dalla gola. Loro non sanno che per me rappresentano solo una necessaria, e nemmeno troppo fastidiosa trafila per formalizzare e concludere qualcosa di molto, molto più grande.

martedì 30 agosto 2011

Messaggio ai posteri

http://www.youtube.com/watch?v=sbUFNluggsY&feature=share

 Quando stai studiando un qualunque argomento, o considerando una filosofia, chiedi a te stesso soltanto: "quali sono i fatti? Qual'è la verità che sostengono?" Non lasciarti mai sviare dalla verità che vorresti credere, nè da ciò che produrrebbe vantaggi sociali se venisse creduto.


lunedì 29 agosto 2011

dettagli


Entropia

Certe volte la vita si concede delle piccole crudeltà gratuite. Crudeli proprio perchè gratuite. Le lascio scorrere per un puro principio di entropia. Che altrimenti ci sarebbe da incazzarsi di brutto.
E' che non ho voglia di dilungarmi ma ricordatevelo: entropia.
E' la chiave di tutto. Non serve opporsi, si fa solo una fatica bestia e in più si complicano le cose.
Entropia, sta stronza.
Meno male che a quest'ora ci sono le notifiche di Groupon ad allietare la nottata.